Il risultato della contesa elettorale svoltasi ieri in Portogallo è apparso, sin dalle prime battute dello spoglio, evidente: la vittoria della coalizione tra socialdemocratici, a dispetto della denominazione principale formazione di centro-destra del paese, e democristiani della CDS non è mai apparsa in dubbio.
Il nuovo Premier, cui già il Presidente della Repubblica Cavaco Silva ha conferito un mandato esplorativo, sarà il 47 enne Pedro Passos Coelho, due lauree in Medicina ed Economia, imprenditore nonchè a capo del PSD da circa un anno. A lui il compito di onorare la cambiale faustiana con gli organismi internazionali, l’UE ed il FMI, che si sono fatti garanti del salvataggio delle periclitanti finanze lusitane. Le ricette imposte in contraccambio del “favore” saranno di una durezza estrema come già accaduto in Grecia ed Irlanda: drastico ridimensionamento del settore pubblico, contenimento delle spese ed aumenti fiscali assai impopolari.
Già i socialisti si erano adeguati all’andazzo proponendo ben 4 manovre di bilancio onde evitare l’umiliazione del bailout. Inutilmente. Ora la palla, o forse meglio dire il proverbiale cerino passa nelle mani degli storici rivali. Aldilà dei proclami a caldo, difficile assistere a clamorosi mutamenti nella sostanza amministrativa nonostante la svolta. Anche il Portogallo , come la vicina Spagna, conosce l’apatia di una popolazione che pare rassegnata al peggio. A differenza dell’ingombrante vicino la protesta si è incanalata nell’astensione più che nella protesta, seppur pacifica, di piazza. Gli “indignados” di Lisbona non hanno destato particolare clamore anche perchè i numeri erano alquanto ridotti. Molto importante, invece, la percentuale di votanti che ha preferito disertare le urne: 41%, di poco peggio del dato storico di due anni orsono.
A subire l’emorragia soprattutto i partiti della sinistra, non solo quella tradizionalmente di governo , ma anche la frazione più massimalista ed identitaria. I socialisti perdono la bellezza di 23 seggi e si inabissano sotto al 30%: immediate le dimissioni del Primo Ministro uscente nonchè presidente del partito José Socrates. Sul fronte radicale se reggono benino i comunisti ed i verdi raccolti nella Coalizione Democratica Unitaria (CDU), i cugini movimentisti del Bloque de Esquerda escono dimezzati sia in termini di voti che di deputati (poco più del 5% e 8 mandati, contro i 16 e l’8% circa della CDU). Peraltro, come da inveterata tradizione comunista, non sono mancati gli sberleffi dei primi nei confronti del partito di Francisco Louça, anch’egli in forte predicato di perdere la guida della propria creatura.
Il nuovo Esecutivo, che, come detto, dovrebbe venire alla luce in tempi brevissimi può, dal canto suo, godere di una maggioranza quasi blindata: ai 105 parlamentari eletti in quota socialdemocratica si aggiungeranno i 24 dei popolari(CDS), per un totale di 129 ben al di sopra dei 116 necessari ad evitare brutte sorprese come accaduto col gabinetto di minoranza socialista in sella sino a ieri.
Se l’urna, una volta tanto, reca conforto, non altrettanto si può dire per quel che concerne lo scenario complessivo e la road map necessaria ad uscire dalle secche in cui si è arenato il vascello portoghese. Anche in questo estremo lembo occidentale del continente come accade nell’ellade culla di civiltà solo il tempo si incaricherà di fornire il responso.
Lafayette70, andatelo a trovare nel suo blog