Il silenzio mediatico che avvolge il Veneto e la sua disgrazia è decisamente eloquente. Ma è anche un silenzio che costringe a riflettere e impone alla mente di chi lo percepisce un bilancio sullo stato delle cose in questo Paese. Dal canto delle persone che in questi giorni hanno subito il dramma non ci sono né piagnistei, né sceneggiate di dubbio gusto.
C’è invece mezzo milione di alluvionati in oltre 130 comuni, qualche morto, diversi feriti, strade bloccate dal fango, imprese che probabilmente non riapriranno mai più, intere comunità costrette in ginocchio e piegate di fronte ai capricci della natura e migliaia di persone che hanno visto la propria casa o il proprio negozio inghiottiti dalle acque torbide. Tutto questo però non è abbastanza per un minimo di attenzione.
E i giornali, salvo qualche eccezione, che cosa fanno? Parlano di bunga bunga, di escort, dei consueti rifiuti di Napoli, di elezioni anticipate, di Fini che dopo 15 anni scopre di non apprezzare più Berlusconi, di Pompei che cade a pezzi, e propongono ai lettori il consueto campionario di fatti più o meno interessanti, ma non spendono che poche righe per il dramma che i veneti stanno vivendo sulla loro pelle in queste ore.
Fa eccezione qualche anima nobile che non è rimasta insensibile alla tragedia. Silenzio si diceva, o al massimo qualche dato numerico per dovere di cronaca. In televisione non ci sono scene di donne che si stracciano le vesti o che piangono per strada maledicendo lo Stato, mancano le urla scomposte, assente quell’esibizionismo a cui siamo tristemente abituati e che costituisce un boccone appetitoso per programmi televisivi di ogni sorta.
Là, nel Veneto, il vecchio adagio “piove? Governo ladro” non vale. O forse più semplicemente – dati i loro guai – non hanno il tempo materiale per la pantomima all’italiana. E così capita che la tragedia si ammanti di un velo di fredda indifferenza perché mediaticamente “non tira”.
Non sono scattate le maratone televisive della solidarietà, niente appelli al pubblico per mandare l’euro dal telefonino, nessuna conduttrice che si commuove a comando mentre intervista il povero disgraziato di turno; nulla di nulla. Per certi versi è meglio così.
Però se da un lato l’indifferenza è migliore della finta pietà, dall’altro emerge con chiarezza la diversità di trattamento che intercorre fra una tragedia che avviene nel Nord e una che colpisce il resto d’Italia. Inutile citare gli esempi, la lista sarebbe addirittura imbarazzante.
Qualcuno, in qualche modo, sembra pure contento perché il dramma gli fornisce il pretesto giusto per polemizzare con l’attuale amministrazione regionale sulla gestione delle opere idrauliche. Piove? Regione ladra. Altri probabilmente pensano che – sotto sotto – se la sono anche meritata.
Quel Veneto dipinto a tinte fosche per biechi fini politici, un’intera popolazione venduta all’opinione pubblica come egoista e poco solidale, che ha avuto persino l’imperdonabile colpa di eleggere a furor di popolo un Governatore leghista. Si, se la sono certamente meritata e ben gli sta.
In effetti è vero: il Nordest se l’è proprio cercata. Dopotutto siamo nel Paese dove la logica del ricatto rumoroso vince sul merito, dove per essere ascoltati dai politici e dai talk show occorre far baccano, occupare stabili, fare la manifestazione, o magari – perché no – organizzare una bella guerriglia urbana per non assumersi la responsabilità di smaltire la propria monnezza.
E poco importa se quello stesso pattume, in ultima istanza, se lo prende l’inceneritore di Padova, naturalmente senza lamentele. E’ chiaro che l’atteggiamento di chi si rimbocca le maniche in silenzio e inizia, nell’indifferenza generale, a spalare il fango affondando piedi e mani nella melma è decisamente fuori luogo, poco consono, addirittura inefficace. Come dire? Non è un comportamento molto italiano.
Fa fatto bene la società civile veneta – sdegnata dall’indifferenza dimostrata dai media – a invocare lo sciopero fiscale. Il Veneto in termini monetari ha dato tanto, forse troppo, e adesso si ritrova con l’acqua alla gola, in senso letterale, e un pugno di mosche in mano.
Come ha fatto bene il Governatore Zaia, nella sua lettera su Libero, a mettere l’accento sull’incongruenza di chi si riempie la bocca di patriottismo e di unità nazionale e poi fa spallucce se – per una volta – è il Nord ad avere bisogno di aiuto. In una nazione vera e degna di questo nome non ci sono patriottismo e solidarietà a “regioni alterne”.
A questo punto mi chiedo dove siano finiti oggi i tricolori nella Vicenza o nella Padova devastata dal fango. Che se li sia portati via la corrente? Dato le contingenze, non ci si deve lamentare poi se ci sono pezzi di Paese che se ne andrebbero volentieri per i fatti propri.
Matteo Lazzaro