SCENARI ECONOMICI ITALIANI, EUROPEI E MONDIALI

TENDENZE DEL DEBITO PUBBLICO DEI PAESI OCCIDENTALI

Secondo uno studio della Bank for international settlement, senza forti correzioni sul fronte della spesa pensionistica o sanitaria, i bilanci statali di tutti i Paesi occidentali andranno completamente fuori controllo. Maggiori difficoltà per paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna
Senza interventi sulla spesa di lungo periodo, quali per esempio l’innalzamento dell’età pensionabile, le finanze pubbliche di molti stati industrializzati, messe sotto pressione dalla crisi, sono destinate a scoppiare.

È questa una delle conclusioni cui giunge la ricerca della Bank for International Settlement (Bis), realizzata da Sthephen G. Cecchetti, M S Mohanty e Fabrizio Zampolli.

Nemmeno le recenti misure di riduzione indicate da alcune leggi di bilancio, come quella americana, potrebbero evitare che il banco “salti”.

Gli economisti della Bis hanno realizzato delle proiezioni di lungo periodo sullo sviluppo del rapporto debito/Pil di diversi stati industrializzati. Il tutto, immaginando tre diversi scenari.
Nel primo, gli esperti ipotizzano che le entrate totali governative, al netto degli interessi sul debito, rimangano costanti al livello del 2011. In questo scenario di base, per i bilanci pubblici non c’è scampo: nel prossimo decennio il debito del Giappone salirebbe a oltre il 300% del Pil; quello della Gran Bretagna schizzerebbe al 200%; per gli Stati Uniti, la Francia, l’Irlanda, la Grecia, il Belgio e l’Italia si arriverebbe a 150 punti percentuali. Come dire, insomma: se nulla si fa, le finanze pubbliche non sono sostenibili.

Una situazione che si replica anche “accontentandosi” delle correzioni di spesa indicate, di recente, dal budget federale americano o dal governo inglese. Misure che possono essere assimilate ad una riduzione annua del deficit primario (deficit di bilancio al netto degli interessi sul debito pubblico) pari all’1% per il prossimo quinquennio. Ebbene, anche in questo caso diverse economie occidentali si troverebbero ancora in una situazione insostenibile. Il rapporto debito/Pil degli Usa viaggerebbe “comodamente” verso il 200% nel 2030 (300% nel 2040); quello di Londra avrebbe una dinamica simile al ratio della tanto vituperata Grecia; la Germania, tra le grandi economie europee, potrebbe “vantarsi” di una valore che non va molto oltre il 100 per cento. E, paradossalmente, l’Italia si troverebbe con una variazione del rapporto debito/Pil che addirittura è migliore di quella di Berlino e della Francia.

Gli economisti della Bis costituiscono il loro terzo scenario. Qui, alla riduzione graduale del deficit (5% in 5 anni), aggiungono il mantenimento, sui livelli stimati per il 2011, della spesa legata alla crescita dell’età demografica. In una parola (anche se gli autori esplicitamente non lo dicono) l’ipotesi è, per esempio, l’innalzamento dell’età pensionabile. Ebbene, solo in questo scenario le proiezioni indicano un’evoluzione sostenibile del debito dei paei occidentali. O, perlomeno, per molti degli stati industrializzati: in Francia, Irlanda, Gran Bretagna e Stati Uniti la situazione sarebbe, infatti, ancora insostenibile.
Già, l’età pensionabile. A ben vedere l’ipotesi è interessante ma, sia permesso dire, un po’ teorica. Perlomeno, in questa fase congiunturale. Con la crisi in atto, simili soluzioni sono difficili da far digerire a una popolazione già in difficoltà per la recessione; che ha visto, per esempio negli Usa, i propri soldi usati per salvare banche che continuano a elargire bonus “vergognosi”; e che si troverebbe anche a dover sopportare l’ulteriore sforzo economico. Certo, si potrebbero prospettare soluzioni peggiori. Tra le altre: il taglio della previdenza. Ma ciò non toglie che, per quanto i numeri dicano una cosa, poi la realtà sia sempre un’altra.

Se questo lo sguardo verso il futuro, quale la base di partenza? Gli esperti tengono a sottolineare che la situazione, a ben vedere, è peggiore di quanto si pensi. Per quanto l’entità dei costi diretti della crisi (acquisti di asset, bailout et via dicendo) sia notevole, questa non è poi così ingente: circa il 13,2% del Pil dei paesi industrializzati. Certo, una cifra in termini assoluti enorme. Ma comunque con un impatto sulle finanze pubbliche minore rispetto a quello causato dal calo delle entrate fiscali e dalla dinamica della spesa pensionistica e sanitaria. Insomma: la situazione è gia grave, sembrano dire gli economisti, e verrà amplificata dalle minori “tax revenues” e dall’ “age-related spending”.

Conclusione: se non ci sarà un intervento immediato e pesantissimo sul fronte della spesa pubblica e dell’eta’ pensionabile, il rischio è di lasciare partire una spirale del debito assolutamente incontrollabile.


LO SCACCHIERE MONDIALE

Non c’e’ alcun dubbio che le tendenze in atto siano le seguenti:

1) Incremento generalizzato dei Debiti Pubblici nei Paesi Occidentali, con un riposizionamento degli stessi su Livelli Italiani. Gli USA guidano la classifica degli incrementi, insieme a Giappone ed alcuni paesi Europei. Inoltre il tutto e’ accompagnato da: Deficit Pubblici elevati nei Paesi Occidentali, elevati debiti privati, invecchiamento della popolazione, crescite economiche basse. Tutto cio’ e’ aggrevato in alcuni paesi (USA in testa) da fortissimi deficit commerciali.

2) Crescita esponenziale del peso dei paesi in via di Sviluppo, in primo luogo della Cina e degli altri paesi asiatici, che oltre ad una crescita economica incredibile, di fatto “finanziano” l’occidente, comprandone i Titoli di Stato, grazie all’elevata propensione al risparmio dei rispettivi Stati e della Popolazione, e grazie a Surplus commerciali consistenti. Chiaramente, il fatto di detenere ammontari enormi di Titoli dei paesi occidentali, potra’ portare paesi come la Cina, a controllare o influenzare di fatto le politiche di intere Nazioni creditrici.

Conclusione: In sintesi lo scenario mondiale vede i “ricchi e vecchi” Paesi Sviluppati, vivere decisamente al di sopra delle proprie possibilita’, finanziati dai “poveri e giovani” Paesi in via di Sviluppo, che invece di sperperare le ricchezze acquisite redistribuendole, le mettono da parte, incrementando cosi’ esponenzialemente il proprio Peso economico e politico. In se’ la situazione e’ totalmente “fuori da ogni logica”, ed i governi occidentali, paiono incapaci di togliere il collo dalla corda che si sta via via stringendo, imponendo ai propri cittadini un ridimensionamento del livello di vita “spendaccione” (in relazione alle loro possibilita’) ed un ritorno a comportamenti virtuosi.


L’EUROPA DEI PIGS: RISCHIO DEFAULT ed UNO SGUARDO AL FUTURO DELLA “DEFAULT LIST”

Grecia ed Irlanda rischiano il default, minacciano l’euro, minacciano in ultima istanza l’Unione Europea. Di qui i salvataggi Europei, di Stati fiscalmente irresponsabili.
Da parte mia credo che i problemi della UE vanno ben oltre i PIGS.

Il problema greco e dei PIGS consiste molto brevemente nell’incapacità dei Paesi di tenere sotto controllo il deficit pubblico (essenzialmente perché la congiuntura attuale ha contratto le entrate pubbliche e ha chiamato a maggiori spese) con la conseguenza di un andamento “esplosivo” del debito pubblico. Questo è un problema perché debito pubblico significa emissione di titoli di Stato, e il concorso di crescenti emissioni di titoli in tutta Europa significa pressione sul mercato dei bond cioè rischio di rialzo dei tassi; a questo si aggiunge il rischio di uno svilimento del valore dell’euro (ben più del recente deprezzamento, tutto sommato benvenuto dagli esportatori), quindi di una fuga dall’area con problemi di finanziamento sia pubblico che privato. La minaccia di un (primo) default interno all’unione monetaria è pertanto terrificante per tutti.

Se dobbiamo limitarci a guardare il problema del debito pubblico (tralasciando altri fattori come la struttura produttiva, il mercato del lavoro, tassi di risparmio…), consiglio di guardare le proiezioni del rapporto debito/PIL nell’Area Euro. Ho a disposizione i dati della Danske Bank, e qui sotto riporto la classifica del Paese più indebitato per il 2009, 2010, 2015, 2020, elaborata su proiezioni statiche dei bilanci pubblici. A scanso di equivoci, i rapporti debito/PIL sono crescenti per tutti, solo che alcuni crescono più di altri.

Classifica del Maggior Rapporto Debito/PIL (posizioni)

2009: Italia, Grecia, Belgio, Portogallo, Francia, Germania, Austria, Irlanda, Olanda, Spagna
2010: Grecia, Italia,  Belgio, Portogallo, Irlanda, Francia, Germania, Austria, Spagna, Olanda
2015: Grecia, Irlanda, Italia,  Portogallo, Belgio,, Francia, Spagna, Germania, Austria, Olanda
2020: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Belgio, Germania, Austria, Olanda

Si nota che i PIGS (Portogallo Irlanda Gregia e Spagna) si trovano nelle prime quattro posizioni solo nel 2020, mentre tra 2009 e 2010 restano in posizione “interessante” Belgio e Francia. L’Italia (l’altra candidata per la “I” di PIGS) è quasi un outsider, perché parte come maggior debito pubblico dell’Eurozona e poi progressivamente “perde posizioni” fino a prospettarsi nel 2020 sotto la Francia. L’aspettativa sull’Italia è “strana”, e potrebbe collegarsi alla bassa “finanziarizzazione” o al ridotto “sfruttamento” della manna dell’euro, ma deve esser ricordato che le proiezioni non tengono conto delle maggiori o minori capacità di ripresa o ristrutturazione sia della produzione che del debito pubblico.
Eppure l’Italia è sempre annoverata tra i Paesi che rischiano a breve un blocco del finanziamento pubblico, quindi deve esserci qualcosa (credibilità dell’Esecutivo?) che incide sulla pericolosità del debito pubblico oltre la sua misura assoluta.

In ogni caso, se prendiamo l’Italia come candidato principale ad un default dato il suo primato di debito/PIL nel 2009, è interessante vedere che verrebbe scalzata di volta in volta da: Grecia nel 2010; Irlanda nel 2014; Portogallo nel 2016; Spagna nel 2018; Francia nel 2019.
Questa successione corrisponde alla classifica finale del 2020, ed al momento potrebbe funzionare come “default list” dell’Area Euro. Visto lo stato della Grecia in questo 2010, il primo nome della lista è già stato confermato.

I mercati sono davanti a questo problema: se salta la Grecia per insostenibilità del debito pubblico, chi sono i successivi candidati? La mia “default list” darebbe una risposta, ed è una risposta che si basa sul solo fondamentale del debito pubblico e sua possibile dinamica.

La logica è: salterà chi ha i fondamentali, o certi fondamentali, simili a chi già va a saltare. Se vale questa logica (mi pare l’unica plausibile per giustificare l’enfasi sui PIGS, o PIIGS per includere sia Irlanda che Italia), si rischia un fenomeno di contagio simile a quanto accaduto tra Russia e Brasile nel 1998.

Nell’agosto 1998 la Russia dichiara il default; il Brasile va immediatamente sotto pressione fino all’abbandono del cambio fisso del real nel gennaio 1999.

Il mondo parla di un contagio da un Paese all’altro, ma alcune analisi (come quella di Baig e Goldfajn nel 2000) mostrano che non esistono prove di contagio attraverso i flussi di capitali né attraverso il mercato della liquidità a breve.

In effetti i due paesi non avevano legami significativi tramite né canali monetari né canali reali. L’unica via di contagio risultano i grandi investitori off shore spinti al disinvestimento dal panico, un panico che dalla Russia è passato immediatamente al Brasile solo perché avente in quel momento una posizione debitoria (verso l’estero, in questo caso) simile. Non per nulla il Brasile si è ripreso molto più velocemente della Russia la cui potenza resta confinata ad una gestione capricciosa delle forniture di idrocarburi.

È essenzialmente questo che i “porcelli” devono temere in questo momento: una assimilazione alla Grecia ed all’Irlanda sulla sola similarità della posizione debitoria e deficitiaria interna; il problema è sicuramente tanto più stringente quanto maggiore è la parte di debito pubblico detenuta da soggetti esterni all’Area Euro.

Nell’Area Euro non si ha più il problema di un attacco speculativo sul tasso di cambio, così come non si hanno rischi sui tassi a breve, ma sicuramente c’è il rischio della fuga dai titoli di Stato di particolari Paesi, che restano comunque individualmente responsabili dei relativi adempimenti di cedola e capitale e per cui vigono tassi di interesse differenziati per enti emittenti.
Se si realizza una fuga dai titoli greci ed Irlandesi, diventa facile che si cominci a fuggire anche da altri emittenti perché similmente indebitati come l’Italia o gli altri PIGS.
Se la Grecia o l’Irlanda dichiarassero ufficialmente default questa forma di “contagio” passerebbe con ancora maggior facilità.
In entrambi i casi l’euro perderebbe valore (come si è già visto per le sole paure sulla Grecia) e questo renderebbe meno appetibili tutti i titoli europei costringendo quasi la totalità dell’Area Euro ad alzare i rendimenti per coprire il proprio debito, con le conseguenze che si possono immaginare sia per l’attività privata che per la tenuta del welfare state europeo.

Conclusione: per i motivi sopra citati l’Unione Europea non potrà mai permettere il default di un membro, né far correre troppo le paure; non potrà mai nascondere le difficoltà ma dovrà trovare delle soluzioni anche drastiche.
L’unica vera soluzione è una ferrea disciplina fiscale, in maggior misura attraverso la revisione o ritiro di molta parte della spesa pubblica rispetto a un ulteriore aumento della pressione fiscale; nel caso l’Esecutivo in questione non fosse così affidabile, temo diventerà necessario un passaggio di sovranità fiscale.
E guardando i dati della Danske Bank questo problema va oltre i PIGS fino a toccare addirittura Belgio e Francia.


IL REBUS ITALIANO

L’Europa lo ha deciso nel Consiglio di metà giugno: per il patto di stabilità Ue non conterà piu’ solo il rapporto tra debito pubblico e PIL, ma saranno tenute sotto osservazione anche la «sostenibilità complessiva» e la «dinamica» dei conti aggregati dei singoli Paesi.
In gioco entrerà insomma pure l’indebitamento di famiglie e imprese non finanziarie. Come chiedeva per l’Italia il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, appoggiato dalla Francia (e osteggiato dalla Germania).
Così l’Italia non uscirebbe certo dal club dei Paesi a rischio stabilità, ma potrebbe scalare piu’ di una posizione nella classifica dei Paesi europei pi virtuosi per debito “aggregato”: tutto grazie, appunto, al tesoro nascosto degli italiani.
I cittadini della Penisola nascono e crescono con il peso enorme di un debito di Stato tra i pi elevati al mondo, che si aggira sui 1.840 miliardi di euro; ma fanno meno mutui e prestiti e risparmiano piu’ di tutti gli altri vicini di casa d’Europa. E hanno accumulato ricchezze per 8.300 miliardi.
Formiche e mai cicale, anche in anni, come questi, in cui la crisi morde e colpisce duramente: il reddito disponibile è in contrazione, i consumi rallentano, sale il numero di famiglie in povertà relativa, la domanda di finanziamenti si riduce nonostante le banche abbiano cominciato a riaprire i cordoni della borsa, e perfino la proverbiale propensione al risparmio segna il passo.
Eppure, il teso- retto complessivo degli italiani recupera terreno anche tra il 2008 e il 2009. Con un rapporto sul PIL dell’indebitamento delle famiglie che è il piu’ basso d’Europa: 39,3% rispetto, per esempio, al 50,7% della Francia, al 61% della Germania e addirittura ai 119,8% dei Paesi Bassi. A cui si aggiunge un’esposizione delle imprese non finanziarie sui PIL migliore rispetto alle aziende di molti altri Paesi Ue: il 79,9%, peggio solo della Germania (69%).

Se all’esposizione dello Stato si somma anche l’indebitamento di famiglie e imprese non finanziarie, ecco che le cose cambiano. Fanalino di coda diventa il Portogallo (330,7%), seguito dall’Irlanda (308,8) e dal Belgio (301,7%), mentre in testa svetta la Germania (203,1%) e al quarto e quinto posto compaiono rispettivamente la Francia (231,3%) e l’Italia (233,8%). Ma c’è di piu’ . Guardando alle stime dei debito pubblico a fine 2011, è possibile ipotizzare che per quella data l’aggregato complessivo dell’esposizione dell’Italia risulti migliore anche della Francia.

Masse in aumento, pochi debiti e un solido patrimonio. Sono questi gli ingredienti del tesoretto privato de’Italia, che ha la quarta maggiore fortuna privata in Europa secondo i dati del Giobal Weaith 2010, il rapporto sulla ricchezza mondiale pubblicato annualmente da Boston Consuiting group che, in quest’ultima edizione, s’intitola non a caso «Riguadagnare il terreno perduto». Dopo la contrazione segnata nel 2008, nei 2009 il patrimonio complessivo degli italiani ha ripreso timidamente a crescere.
Le famiglie italiane nascono e crescono con un debito pubblico tra i piu’ elevati al mondo. Ma fanno pochi prestiti e risparmiano molto, e lo fanno in termini conservativi e poco rischiosi.
La quota in azioni dei risparmiatori italiani è la piu’ bassa in assoluto in Europa, 11% (e nel 2008 era addirittura il 9%), contro il 49% degli inglesi, il 31% dei tedeschi e il 21% dei francesi.
Quanto alla composizione della ricchezza degli italiani, compresi i beni reali (abitazioni, fabbricati non residenziali, terreni, impianti, macchinari, oggetti di valore) e le passività finanziarie, è cambiata non poco a cavallo del secondo millennio. E aumentato il peso di immobili, polizze, fondi pensione e partecipazioni azionarie. E diminuito quello di obbligazioni, titoli di Stato, strumenti monetari e liquidità. Con qualche debito in piu’ , ma senza alcun eccesso.
Dal confronto della situazione tra fine 1995 e fine 2008 (ovveto il punto minimo della crisi), si puo’ constatate che gli immobili (sia le abitazioni sia i fabbricati non residenziali) costituiscono la voce della ricchezza cresciuta di piu’ in percentuale (6,5 punti), a conferma dello storico feeling con il mattone che caratterizza il popolo italiano.

Conclusione: in un mondo che cambia, che vedra’ crollare sempre di piu’ il peso di USA ed Europa, ed un Mondo sempre piu’ dominato dall’Asia, con processi che corrono ad una velocita’ incredibile, l’Italia e le sue classi dirigenti hanno l’obbligo di muoversi per salvaguardare il proprio futuro.

Vi sono politici che, appoggiati dal Partito della Spesa pubblica Imprenditoriale e Sindacale, pensano in questa fase, ad un rilancio della Spesa pubblica per “aiutare il PIL a crescere”, finanziando tali interventi, di fatto, con interventi di tassazione su Patrimoni e Rendite (che come abbiamo visto, rappresentano l’unico vero tesoretto che ci tutela da una corsa sfrenata verso il default). Tale politica, a mio avviso e’ suicida, in quanto:
1) Incrementerebbe artificialmente i consumi, a tutto vantaggio delle importazioni Cinesi, in una situazione in cui andrebbe tirata la cinghia anche in Italia
2) Frenerebbe il processo di “ristrutturazione” e “selezione naturale” nel sistema economico, disincentivando tale comportamento virtuoso
3) Colpirebbe al cuore il sistema di Risparmio Privato, incentivando fughe di capitali di massa all’estero, danneggiando il nostro “cuscino di protezione” al Default, nonche’ facendo sparire importanti masse monetarie dal circuito produttivo nazionale.
4) Farebbe posticipare gli “interventi draconiani necessari sul fronte della spesa pubblica”, rendendo l’inevitabile appuntamento con costori, ancor piu’ pesante e traumatico

A mio avviso la strada e’ obbligata, ed impone un cambiamento di mentalita’ epocale.
Le cose da fare sono evidenti, e vanno spiegate alla popolazione, ed attuate con celerita’:
1) Disciplina fiscale ferrea, intervenendo celermente sul fronte della spesa pubblica e dell’eta’ pensionabile; alcune azioni sono state fatte, in particolare sul fronte pensionistico (Riforma Dini e Correzioni Tremonti) e sul fronte della Spesa Pubblica (manovra 2010 di Tremonti), ma appaiono comunque, del tutto insufficienti; del tutto inaccettabile e’ l’attuale livello di evasione fiscale, che di fatto mai, nessun governo, ha combattuto con la necessaria efficazia, e su cui bisognerebbe agire col pugno di ferro, accompagnando gli “ovvi interventi di controllo e repressione” ad una semplificazione fiscale e normativa (da evitare come la “peste” scudi stellari e condoni su larga scala).
2) Preservare con tutte le forze i “punti di forza dell’Italia”, quali il grosso patrimonio privato e la forte propensione al risparmio; se l’Italia perdesse tali “virtu’” affonderebbe immediatamente. Ogni ipotesi di “patrimoniali” ed “incremento della tassazione su Immobili, Titoli Pubblici e Privati Nazionali” va scongiurata.
3) Politica che privilegi i comportamenti virtuosi di medio-lungo periodo, quali il Rilancio Demografico (attraverso un’immigrazione giovane e di qualita’ ed attraverso un fisco a misura delle famiglie), l’investimento sulla ricerca produttiva e sulla conoscenza. In parallelo e’ necessaria una politica di lotta frontale all’assistenzialismo, al parassitismo politico e sindacale, alla burocrazia, alle corporazioni.

In sintesi, l’Italia deve fare cio’ che tutto l’Occidente dovrebbe fare: bisogna che le popolazioni adulte ed anziane stringano la cinghia in modo assai piu’ consistente, ed investano sui giovani; inoltre bisogna evitare di indebitarci con gli Asiatici, e pretendere da costoro un comportamento corretto (nei livelli di cambi, nel rilancio dei “loro” consumi interni, in una concorrenza “corretta e non sleale”).
I cambiamenti di fronte a noi, saranno incredibilmente rapidi.
By Gpg

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