Irlanda al voto sull’orlo del baratro

Sull’orlo del baratro dopo la crisi economica, (crisi assai strana come riportava “Repubblica”) l’Irlanda si accinge a rinnovare il Dail Eireann (1). Un’elezione che però per più di qualcuno non ha più senso. A seguito del salvataggio l’isola di smeraldo infatti sembra aver letteralmente buttato nel cestino 8 secoli di lotte per l’indipendenza. Molte delle politiche economiche del prossimo esecutivo infatti verranno decise direttamente a Bruxelles. Polemiche a parte, cominciamo a parlare del quadro politico dell’Eire, un quadro politico profondamente diverso rispetto alla tradizione continentale. Le due maggiori famiglie continentali, quella popolare e quella socialista traggono la loro origine l’una dall’impegno dei cristiani in politica (il discorso è ovviamente a livello generale), l’altra dalle lotte dei movimenti sindacali. Il percorso politico dell’isola di smeraldo è stato molto diverso. Qui la frattura che ha creato il sistema politico attuale non è la questione del lavoro, bensì la questione della lotta per l’indipendenza. Nel 1919 il movimento nazionalista del Sinn Fein conquistava 73 dei 106 seggi riservati all’Irlanda alla Camera dei Comuni di Londra. Questo successo elettorale aprì la strada alla secessione da Londra. I 73 eletti rifiutarono di andare a Londra e riunirono un parlamento indipendente a Dublino. La corona albionica, stremata dalla I Guerra Mondiale, fu costretta a capitolare dopo una guerra di tre anni, e concesse l’indipendenza all’Eire, ma riuscì comunque a tenere sotto il suo giogo le sei contee a maggioranza protestante dell’Ulster. Il trattato di pace produsse la frattura politica che è alla base del sistema politico irlandese. Il Sinn Fein si spaccò in due, da una parte i favorevoli al trattato di pace, guidati dal Taoiseach (2), Michael Collins, dall’altra i contrari al trattato guidati da Eamon de Valera. Si scatenò una breve guerra civile, che vide vittoriosa la fazione di Collins. In seguito le due fazioni formarono i due partiti politici che si sono alternati al potere negli ultimi 90 anni. I seguaci di Collins formarono il Cumann na nGaedheal, poi confluito nell’attuale Fine Gael. I seguaci di de Valera invece si riunirono attorno al Fianna Fail. Da allora i due movimenti si alternano al potere ed alternano al loro stesso interno posizioni progressiste e conservatrici. Il Fianna Fail è comunque considerato il partito egemone, avendo governato l’isola di smeraldo per 61 anni. Attorno ai due principali movimenti se ne affiancano altri. Il Labour, cugino di quello britannico, ha sempre avuto un ruolo di terza forza del Dail Eireann ed è spesso entrato in esecutivi di coalizione. Un ruolo importante l’hanno avuto anche i “Progressive Democrats”, liberisti di destra ormai spariti. Il vecchio Sinn Fein, dopo la guerra civile ridotto all’ininfluenza politica nell’Eire ma rimasto partito di riferimento degli irlandesi nell’Ulster, negli ultimi anni ha registrato una forte ripresa. I Verdi avevano attecchito discretamente, ma la partecipazione all’esecutivo uscente di Brian Cowen sembra aver tarpato le ali agli ecologisti. Il sistema elettorale irlandese è un misto tra il sistema uninominale a doppia preferenza australiano ed il sistema proporzionale. Il clima nell’isola è quantomai cupo, sono finiti gli anni della “tigre celtica” e le medicine per l’isola saranno amare ed indigeste. Se i sondaggi saranno confermati il Fine Gael tornerà ad essere il primo partito dopo 14 anni di dominio del Fianna Fail, e l’ex ministro del commercio Enda Kenny sarà il nuovo Taoiseach. Il Fianna Fail, che ha disarcionato il Taoiseach in carica Brian Cowen per il ministro degli esteri Michael Martin, tracolla al terzo posto, addirittura dietro al Labour e sembra insidiato da un Sinn Fein in salute ed in doppia cifra. I Verdi sembrano invece avviarsi verso una precoce scomparsa dal Dail Eireann. Per Enda Kenny e gli eventuali soci di coalizione si prospetta un compito estremamente arduo, in un paese allo stremo. Si parla in maniera piuttosto convinta di una coalizione tra Fine Gael e Labour come esito più probabile per il dopo. Può sorprendere agli occhi di noi italiani che un partito di centro-destra come il Fine Gael si coalizzi con un partito di sinistra, ma in Irlanda i confini tra destra e sinistra sono assai labili, anzi, oserei dire che quasi non c’è questo tipo di distinzione lassù.

Giovanni

(1) La “camera bassa”
(2) Il primo ministro
Tags: