Prima della “sfida” con Lombardo ritenevo doveroso fare alcune precisazioni di tipo storico e tecnico, per riuscire a far comprendere la realtà politica francese del dopoguerra e come questa s’è evoluta. Una realtà politica che, forse per la vicinanza geografica e la comune eredità neolatina, ha molte somiglianze con quella italiana. Questo primo post (un po’ lunghetto) è una descrizione di tipo storico-elettorale della Francia del dopoguerra. Il prossimo sarà di tipo tecnico-istituzionale sul funzionamento del tanto reclamizzato “modello francese”.
Profilo Storico
1-Dalla IV alla V Repubblica (1946-1959)
Dopo la liberazione della Francia, l’Esagono ripensò la costituzione e diede il via alla IV Repubblica. Il debutto della IV Repubblica è praticamente identico a quello della I Repubblica italiana e si basava su un sistema di tipo parlamentare ed una legge elettorale di tipo proporzionale. Le elezioni del 1946 premiano i tre partiti di massa, il PCF (Parti Communiste Français), i socialisti riformisti della SFIO (Section Française de l’Internationale Ouvrière) ed i cattolici dell’MRP (Mouvement Républicain Populaire). L’alleanza tripartitica si squagliò dopo poco più di un anno, nel 1947 ed i comunisti vennero rimpiazzati nel governo dai radicali. Contrariamente al quadro politico italiano, che nonostante la caducità dei governi in fin dei conti è stato estremamente stabile dal ’46 al ’92, il quadro della IV repubblica si sfaldò con una velocità impressionante. Scissioni su scissioni colpirono la SFIO e l’MRP, compariva l’effimero movimento Poujadista (un po’ la versione francese dell’Uomo Qualunque) ed i governi cadevano come mosche. Nel 1958 la situazione politica era al limite, venne richiamato il generale De Gaulle e venne scritta la nuova costituzione di stampo semi-presidenziale e modificando la legge elettorale del parlamento in senso maggioritario uninominale. L’assemblea elesse De Gaulle alla presidenza della repubblica quasi all’unanimità. Nel 1962 un referendum voluto da De Gaulle (il generale, contrariamente ai suoi successori fece amplio uso dello strumento referendario) stabilì l’elezione diretta dell’inquilino dell’Eliseo, dando il via al sistema francese come lo conosciamo oggi.
2-L’egemonia gollista (1958-1981)
Il ritorno del generale De Gaulle nell’agone politico dell’Esagono segna l’avvio di un ventennio di egemonia quasi incontrastata dei gollisti. A far le spese dell’ascesa della formazione gollista furono principalmente i cattolici ed i radicali che finirono presto fagocitati dalla destra repubblicana. Il sistema maggioritario vede così il formarsi di due poli. A destra l’alleanza tra i gollisti ed i cattolici, a sinistra l’alleanza tra comunisti e socialisti, con i comunisti in posizione egemone, almeno fino al 1978. Le prime tre elezioni dirette sancirono tre vittorie della destra repubblicana. De Gaulle batteva Mitterand nel ’65. Nel ’69 De Gaulle se ne andava polemicamente dopo la bocciatura per via referendaria della riforma del senato e degli enti locali. Le proteste del ’68 portarono comunque l’elettorato moderato verso destra, ed il ballottaggio del ’69 si svolse all’interno della destra tra il gollista Pompidou ed il cattolico Poher, con il comunista Duclos che chiudeva il primo turno al terzo posto. La morte improvvisa di Pompidou nel 1974 portò i francesi alle urne con due anni d’anticipo e per la prima volta il blocco social-comunista sembrò in grado di vincere. I social-comunisti si presentavano compatti dietro a Mitterand fin dal primo turno, mentre i gollisti si spaccavano in due tra Giscard d’Estaing, sostenuto dal suo nuovo movimento l’UDF (Union pour la Democratie Française) che assorbì l’elettorato cattolico dell’ormai dissolto MRP e Jacques Chaban-Delmas. Al ballottaggio Mitterand sprecava l’enorme vantaggio accumulato al primo turno e perdeva d’un soffio contro Giscard d’Estaing. Mitterand, contrariamente a Giscard, si presentava al ballottaggio da primo, ma senza riserve di voti consistenti da cui attingere alla sua sinistra. Il peso del PCF come ipotetica prima forza di una maggioranza di sinistra fece poi il grosso del lavoro nel convincere gli indecisi a buttarsi su Giscard. Il settenato di Giscard fu però assai turbolento e già alle legislative del ’78 si palesò un forte calo del blocco gollista. La sconfitta del ’74 in un certo modo preparò i socialisti alla vittoria del 1981
3-Alternanza, coabitazioni ed emersione di nuove forze (1981-1995)
Le elezioni legislative del 1978, vinte dalla destra, davano un dato importante. Per la prima volta dalla fine del dopoguerra, il PCF non era più il primo partito della gauche. Per la prima volta dal dopoguerra a sinistra i riformisti del PS prendevano il sopravvento sui massimalisti del PCF, in questo aiutati dall’emersione delle formazioni trotzkiste ed ecologiste che sottraevano consensi ai comunisti. Il PCF era stato duramente contestato durante il ’68. L’elettorato moderato riteneva il PCF responsabile e sobillatore dei disordini, mentre l’elettorato massimalista ritenne la dirigenza comunista troppo tiepida verso gli studenti ed il PCF andò in difficoltà. La candidatura del socialista Mitterand sotto le insegne dell’unione di PS e PCF sanciva anche la presa di coscienza che una leadership comunista non avrebbe mai portato la gauche alla vittoria, ma che solo i socialisti potevano costruire un’alternativa credibile al sistema di potere gollista. Un sistema di potere che dopo la scissione di Giscard mostrava più di qualche crepa. La convivenza tra Giscard e l’emergente Chirac, asceso al ruolo di primo ministro, fu decisamente brusca. Chirac contestò vivacemente la linea europeista di Giscard. In un discorso divenuto di culto, “L’appel de Cochin”, Chirac chiamo l’UDF di Giscard “parti de l’etranger” (partito dello straniero) aizzando l’ala nazionalista ed isolazionista dei gollisti riuniti nel Rassemblement Pour la Republique (RPR). Le elezioni presidenziali del 1981 sancirono quindi una sorta di resa dei conti sia nel polo gollista che in quello social-comunista. Al primo turno vinsero Giscard (28%) e Mitterand (26%), mentre Chirac (18%) ed il leader comunista Marchais (15%) si videro esclusi dal ballottaggio. In ambo i poli si affermavano quindi i moderati. Al ballottaggio l’acredine personale tra Chirac e Giscard fu probabilmente la causa principale dell’affermazione di Mitterand. Il neo-presidente sciolse le camere e convocò le legislative che videro così affermarsi un’amplia maggioranza di sinistra per la prima volta nella storia della V repubblica ed il PS “doppiava” il PCF in termini di consensi. Il primo esecutivo socialista della V repubblica, guidato da Pierre Mauroy, fu però segnato dai contrasti intestini con i comunisti che contestavano la linea troppo europeista e moderata del PS. I comunisti decisero di lasciare l’esecutivo nel 1984 ed andarono all’opposizione, cosa che non turbò i socialisti i quali, grazie alla legge maggioritaria, godevano di una maggioranza assoluta alla camera senza bisogno dei comunisti. A destra Chirac moderò i toni sull’integrazione europea e cominciò a guardare con simpatia il neo-liberismo del duo Thatcher-Reagan pensando di poter chiudere con l’era del dirigismo gollista. L’impopolarità degli esecutivi socialisti portò all’affermazione della destra alle legislative del 1986, elezioni che videro anche il primo boom del Front National. Il senso di insicurezza prodotto dalle ondate migratorie, faceva schizzare l’estrema destra al 9%. Il Front National però non prendeva consensi solo da destra, ma anche in minoranza da sinistra (si calcola che un quarto dei consensi del Front National sia di provenienza sinistra). Mitterand aveva tentato, ripristinando il proporzionale, di impedire ai gollisti la formazione di una maggioranza assoluta “a prova di Le Pen”, ma l’affermazione gollista fu tale da evitare questo scenario e permettere ad RPR ed UDF di governare senza bisogno della stampella lepenista o di “fronti repubblicani”. Si inaugurava la prima “coabitazione” tra un presidente di una parte politica ed un premier della parte avversa. Chirac da premier tentò di attuare un programma spiccatamente liberista di privatizzazioni, cosa che portò a scontri ripetuti con l’Eliseo. La resa dei conti tra Chirac e Mitterand si ebbe alle presidenziali dell’ ’88 con Mitterand che al ballottaggio batteva nettamente Chirac, dopo una campagna elettorale in cui il presidente si pose come un padre della patria che difendeva la nazione dall’aggressività di Chirac. Dopo la sconfitta Chirac si dimise da premier e la gauche ritornò maggioranza all’Assemblea Nazionale. La legislatura venne segnata da una lunga scia di scandali che travolsero i socialisti, e dalle liti interne al PS. Nel 1993 la “tragedia” con la gauche che alle legislative otteneva appena 91 seggi su 577 ed il PS ridotto a terzo partito di Francia dietro le due formazioni golliste. Dissanguati anche i comunisti, tramortiti dallo scioglimento dell’URSS, principale referente politico-economico del partito. Si affermavano in termini di voti (non di seggi) il Front National (13%) ed i Verdi (11%). Si arrivò alla seconda “coabitazione”, stavolta con Edouard Balladur. Mitterand era vecchio, stanco e malato e Balladur poteva contare su maggioranze bulgare, per questi motivi la “seconda coabitazione” fu meno violenta della precedente.
4-Il ritorno dei gollisti, la terza coabitazione, lo schock del 22-04 e l’ascesa di Sarkozy (1995-oggi)
All’interno del PS molti guardavano al presidente della commissione europea, Jacques Delors, come l’unico in grado di salvare i socialisti da una catastrofe imminente alle presidenziali del 1995. Delors però non condivideva la linea troppo a sinistra imposta dalla dirigenza socialista e non si candidò. A rappresentare i socialisti andò Lionel Jospin. Lo scenario che però sembrava profilarsi era quello di un nuovo ’69. Sembrava infatti che la contesa fosse tutta interna alla destra tra Chirac e Balladur, con Jospin e Le Pen a contendersi il ruolo di “terzo incomodo”. La forte popolarità personale di Balladur andò però esaurendosi durante la campagna elettorale. All’apertura delle urne Balladur risultava terzo con dietro ad un Jospin sorprendentemente primo e a Chirac. Il ballottaggio arrise a Chirac, che cacciò Balladur ed i suoi (tra cui Sarkozy) dal governo nominando premier il fedelissimo Alain Juppè. L’armonia durò poco perché i piani di tagli alla spesa pubblica e di riforma della previdenza sociale del governo Juppè irritarono i sindacati e produssero ondate di scioperi e malcontenti che portarono alla vittoria della sinistra alle legislative del 1997 e alla “terza coabitazione”. La coalizione della “Gauche Plurielle”, composta da socialisti, comunisti e verdi, approfitta del malcontento e dell’ascesa del Front National (15%) per strappare una netta maggioranza. La “terza coabitazione” è stata tutto sommato tranquilla. I due momenti di maggiore tensione si ebbero con la “legge sulle 35 ore”, che ridusse l’orario massimo di lavoro a 35 ore settimanali, e con l’approvazione dei PACS. Salvo questi due momenti di forte tensione, Chirac restò in disparte nel quinquennio e fece “il padre della patria”. Si appropinquavano le elezioni del 2002, che si sarebbero svolte poco prima delle legislative. Onde evitare nuove fastidiose coabitazioni dal 2002 venne parificata la durata dei mandati di parlamento e presidente, riducendo a 5 anni la durata del mandato presidenziale. Le elezioni presidenziali del ’02 sono però ricordate da tutti per un altro motivo, l’esclusione di Jospin dal ballottaggio in favore di Jean Marie Le Pen. La performance del leader dell’estrema destra (17%) gli permise di scavalcare l’allora primo ministro, danneggiato dal boom dei candidati trotzkisti (Laguiller e Besançenot, insieme al 10%) e dalle candidature del socialista Chevenèment (5%) e della radicale Taubira (2%). La frammentazione della gauche “uccise” Jospin e regalò il secondo mandato a Chirac e la conseguente maggioranza parlamentare alla destra. L’ascesa di Le Pen portava però il tema dell’immigrazione in primo piano, tema a cui il ministro dell’interno ed astro nascente della destra, Nicolas Sarkozy, darà amplio spazio nel tentativo di arginare il Front National. Nel tentativo di semplificare il quadro politico si avvia anche la fusione di RPR ed UDF nell’UMP. François Bayrou però rifiuta la fusione del suo partito, ma viene abbandonato da dirigenti ed elettori avviando quel percorso che lo porterà a staccarsi dalla destra e a fondare il Mo-Dem. La sinistra, spaesata e distrutta si divide su tutto. L’apice delle baruffe chioggiotte a Rue Solferino lo si tocca nel referendum sulla costituzione europea dove l’ala sinistra del partito, rappresentata da Laurent Fabius, fa campagna per il “No” in contrasto alla linea ufficiale del partito. Per ricostruire l’unità il segretario François Hollande impone la candidatura della sua fidanzata, Ségolène Royal, figura nuova e poco conosciuta che aveva occupato ruoli ministeriali di secondo piano negli esecutivi socialisti. Ségolène si pone come “terza via” tra l’ala destra di Strauss-Kahn e l’ala sinistra di Fabius, battendoli alle primarie. A destra la gestione della crisi delle banlieu e lo scandalo Clearstream aiutano Nicolas Sarkozy a sbaragliare Dominique De Villepin e la corrente di Chirac. Onde evitare un nuovo 22-04 durante la campagna la Royal si sposta a sinistra e Sarkozy a destra, creando uno spazio al centro in cui si tuffa Bayrou che risulterà il “vincitore morale” del primo turno. Sarkozy vince e sembra essere riuscito nell’impresa di annullare il Front National. Il resto è cronaca. Gli indici di gradimento di Sarkò crollano, l’estrema destra risorge e la gauche vince nettamente le elezioni amministrative e si presenta come favorita per le presidenziali del prossimo anno, ma questo sarà un altro post.
Giovanni