Le presidenziali francesi del 2012 viste da sinistra

Questo post è il primo di una mini serie di due, dove potrete leggere il confronto tra due modi di considerare le importanti elezioni presidenziali francesi dell’anno prossimo: quello da sinistra scritto da me, quello da destra scritto da Giovanni. Come sfidante (essendo la destra al potere), tocca a me iniziare. Buona lettura!


Mesdames et Messieurs, bonsoir. Il est 20 heures et nous sommes en mesure de vous annoncer le nom du prochain président de la république. Il s’agit de…




Dominique Strauss-Kahn, qui est élu selon nos estimations avec environ 54.1% des voix.

(Traduzione: Signori e signore, buona sera. Sono le 20 e siamo in grado di annunciarvi il nome del prossimo Presidente della Repubblica. Si tratta di DOMINIQUE STRAUSS-KAHN, eletto secondo le proiezioni di TNS-Sofres con circa il 54.1% dei voti)

Cari amici ed amiche di SP.com,



è proprio cosi che potrebbe iniziare la serata elettorale di domenica 6 maggio 2012, ovvero il giorno del secondo turno di elezione del successore di Nicolas Sarkozy. Questa persona sarà il settimo presidente della cosidetta Quinta Repubblica (l’ordine istituzionale in vigore dal 1958) francese, il numero 24 di una lunga lista di persone diventate capo dello stato della République.
Il 6 maggio 2012, Sarkozy non è nemmeno detto che ci sia, perché forse sarà già stato eliminato dall’implacabile primo turno di voto solo due settimane prima da Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie Le Pen, il tribuno populista protagonista esattamente dieci anni prima dello stesso exploit, ma allora a farne le spese fu Lionel Jospin, il candidato della sinistra francese…

Ah sì, prima di iniziare serve una precisione terminologica: in Francia non si parla di centrosinistra o di centrodestra. Si parla di destra (droite) e sinistra (gauche). E noi faremo lo stesso!

Una piccola incognita sul nome del vincitore del 6 maggio 2012 rimane: probabilmente si chiamerà Dominique, ma potrebbe anche essere una donna: allora la prima donna presidente della Repubblica si chiamerà Martine Aubry, figlia dello statista francese ed europeo Jacques Delors. Oppure potrebbe tornare al palazzo presidenziale dell’Eliseo un altro François, ovvero François Hollande. L’unica mia convinzione, è che ad occupare il posto più alto del podio del 6 maggio sarà un membro del Partito Socialista francese. Dopo un periodo (ai francesi piace l’espressione “traversata del deserto”) lungo ben 17 anni e la storica vittoria di François Mitterand (chiamato con affetto “Tonton”, Zio) che aprì nel 1981 un nuovo ciclo politico durato quatordici anni, la sinistra francese ritroverà il potere.

Qualcuno diceva: l’unica certezza e che niente è certo. A ragione, sicuramente. Quindi lungi da me l’idea che la vittoria della “gauche” sia una certezza. Ma è l’esito che considero di gran lunga più probabile. In questo post, tenterò di convincerne anche voi.
Ho individuato tre motivi principali per cui la sinistra vincerà:
– Perché la destra non può vincere
– Perché i suoi candidati sono migliori
– Perché la Francia vuole il cambiamento

1. Perché la destra perderà


In un sistema bipartitico come lo è di fatto la Repubblica francese sono solo due le forze che si contendono il primato della politica francese. Questo paradigma viene ancora rafforzato dal meccanismo particolare dell’elezione presidenziale, che ne fa un vero e proprio duello. Chi finisce terzo non vale assolutamente niente, è la dura legge delle presidenziali francesi. Ne sa qualcosa François Bayrou, il cui risultato del 2007 fu semplicemente staordinario. Ma la cosa si fermò li.
In questa dinamica, se una parte vince è perché l’altra parte perde, come avrebbe potuto dire un illustre francese, il marchese di La Palice. In Francia poi, il voto di “sanzione” (vote-sanction) è uno sport nazionale. Se il 22 aprile e il 6 maggio 2012 la sinistra vincerà, sarà anche perché la destra subirà una pesante sconfitta. Essendo – secondo il mio modesto punto di vista – impossibile per la destra vincere e fuori dalla realtà una vittoria dell’estrema destra del Fronte Nazionale, è quasi automatica la vittoria della sinistra.

Perché la destra non può vincere? Inanzittutto parlano chiaro i numeri: i francesi non hanno un giudizio positivo del loro Presidente della Repubblica. L’ultimo mese “completo” – ovvero con rilevamenti sul gradimento di tutte quattro le case principali di sondaggi (CSA, TNS Sofres, BVA e Ifop), quello di febbraio 2011 ha segnato un record negativo: 29% degli intervistati ha un parere POSITIVO del Presidente in carica che punta alla rielezione, mentre per il 66.8% il parere è NEGATIVO. Sono numeri e giudizi pesanti, anzi pesantissimi. Persino i suoi predecessori che non hanno sempre goduto di un gradimento altissimo (pensiamo al quasi immobile Chirac, o al troppo attivo Giscard d’Estaing) non avevano mai toccato un punto così basso.

Se il problema sembra essere la persona del presidente, basterebbe sostituirlo per risolvere il problema: questa appare ad ogni persona di buon senso (non solo politico!) l’unica soluzione possibile. Mais voilà, come si direbbe a Parigi: la cosa è fattibile? Prima di tutto il primo interessato non è assolutamente intenzionato a lasciare il suo posto. Difficile anche immaginare una sorta di “complotto” per estrometterlo, perché la destra francese funziona un po’ come quella italiana, ovvero a piramide: il partito di destra UMP che nel 2007 l’aveva scelto con il 98.09% dei voti come candidato, è ancora in buona parte “suo”. Di sua nomina i dirigenti principali e di sua vicinanza le persone che dentro contano davvero. L’unico intoppo potrebbe venire proprio dai militanti e dagli elettori della destra: nel mese di marzo, in un sondaggio fatto da BVA con 975 interviste a “simpatizzanti della destra”, il 53% ha preferito il primo ministro François Fillon al presidente in carica (47% di preferenze!), mentre il chiracchiano Alain Juppé, recentemente nominato Ministro degli Affari Esteri, ha ottenuto un risultato simile (48% vs. 52%). Riducendo ai soli elettori dell’UMP, i numeri per Sarkozy sono migliori: 45% sceglie Fillon, 55% Sarkozy. Invece quando si mette in gioco Juppé, il 43% gli preferisce il chiracchiano, mentre il presidente ottiene comunque il 57% delle preferenze. In tutti casi, siamo lontani anni luce dal plebiscito del 2007.

E anche se Sarkozy venisse scartato dalla dirigenza e/o dagli elettori (attraverso eventuali primarie ormai richieste anche a destra), chi sarebbe il suo sostituto? I due candidati principali hanno già detto di no (a meno che Sarkozy non si ritiri, ma la sua non candidatura sarebbe piuttosto la conseguenza di un mini golpe intra-UMP…). L’unica persona con un certo spessore è Jean-François Copé (link in inglese, vi chiedo scusa!), il segretario del partito, ma quest’ultimo ha già annunciato il suo interesse per il prossimo giro (il 2017). Certo, candidati dichiarati (o quasi) nell’area di destra ce ne sono già: l’ex ministro Jean-Louis Borloo e l’ex premier Dominique de Villepin. Ma tutti e due si sono lasciati alle spalle il partito di maggioranza relativa: essendo una campagna elettorale un’avventura piuttosto COSTOSA e di grandi proporzioni, è praticamente impossibile affrontarla (per vincere) senza il sostegno finanziario e logistico di un grande partito. Quindi il candidato della destra che può puntare al secondo turno è e sarà Nicolas Sarkozy. E i sondaggi parlano chiaro: se ci arriva, perderà.

Ma chi si troverà di fronte?

2. Perché i candidati di sinistra sono migliori


Come già successo in precedenza (per le presidenziali del 1995, del 2002 e del 2007), il candidato della sinistra sarà scelto tramite un meccanismo di elezioni primarie. Guardando i numeri, le persone che possono con buona probabilità emergere vittoriose sono tre: Dominique Strauss-Kahn, Martine Aubry e François Hollande. Scarto in partenza Ségolène Royal e i candidati minori: non hanno nessuna possibilità. È inutile per me riproprovi le loro biografie. Per questo vi rimando al completissimo articolo scritto dal mio opposite number, Giovanni. Vorrei invece spiegarvi perché secondo me sono candidati migliori degli altri.

Ci sono tre componenti che “fanno” il candidato alla presidenza della Repubblica: la capacità di consolidare la propria base elettorale, la capacità di pescare nell’elettorato moderato e la personalità “istituzionale” del candidato.

La base elettorale del candidato del PS è inanzittutto il proprio partito. Sia Aubry che Hollande sono o sono stati primi segretari del proprio partito. Pur avendo nella propria biografia socialista qualche ombra importante (pensiamo al fiasco delle presidenziali del 2002 o al secco NO di sinistra al Trattato Costituzionale europeo nel 2005 (link solo in inglese: vi chiedo scusa) per Hollande, o le circostanze della propria elezione a segretario e le Europee del 2009 per Aubry), sono o sono stati segretari apprezzati dalla loro base e che hanno vinto praticamente tutte le elezioni intermedie. Per DSK è un po’ diverso, ma ad ogni modo se è candidato sarà per volontà proprio degli elettori delle primarie socialiste. Qui qualsiasi candidato scelto dalle primarie avrà una legittimità difficile da indebolire.

Inoltre, pur essendo stato chiamato la machine à perdre, dopo 17 anni di assenza dall’Eliseo, il Partito Socialista vuole tornarci a tutti i costi. A differenza della destra, a sinistra il candidato PRINCIPALE (visto che Verdi e partiti più a sinistra del PS avranno ovviamente i loro candidati) sarà uno solo. Allargando il concetto di “base elettorale”, si include quell’area che comprende l’estrema sinistra (come viene definita in Francia) e la famiglia ecologista: questi elettori sono importanti per il secondo turno di elezione. In passato gli elettori di sinistra e quelli ecologisti non sono mai mancati quanto servivono i loro voti. Persino DSK si prenderebbe comunque un’ampia fetta di voti alla sua sinistra, potendo compensare quelli mancanti al centro.

Centro appunto, dove come spesso in un sistema a doppio turno si gioca l’elezione. Il centro francese è cambiato: se negli anni precedenti faceva quasi tutt’uno con la destra, oggi le storie politiche di Bayrou, di Borloo, di De Villepin, hanno allontanato in modo decisivo il centro dalla destra. Con Sarkozy sono rimasti soltanti quelli del Nuovo Centro, e il loro presidente ha già annunciato una sua candidature! Nel 2007 la scelta era “facile” per la gente al centro. Oggi i candidati del PS sono più che appettibili per il centro, soprattutto DSK e Hollande, ma anche in modo più limitato Aubry. I candidati del resto l’hanno capito, moderando i loro discorsi e il loro comportamento “istituzionale”.

Perché la terza componente è proprio questa: come dicono i francesi, l’elezione presidenziale è “un incontro tra un uomo (o una donna) e i francesi”. In nessun paese la funzione presidenziale viene avvicinata con tale rispetto e (quasi) religiosità. Luigi XIV (il Ré Sole) era lo Stato. Oggi lo stesso Stato è democratico, ma il presidente è ancora colui (o colei) che lo rappresenta. I candidati del PS sono stati ministri o hanno avuto incarichi istituzionali importanti. Dall’altra parte abbiamo il presidente uscente, il cui comportamento poco “istituzionale” e “degno” (il francese digne rende meglio l’idea!) della sua carica è stato uno dei motivi principali della perdità di fiducia e di consensi . DSK e Hollande in questo settore superano nettamente Sarkozy, mentre Aubry se la gioca almeno alla pari, secondo me.

Ma i francesi quanto desiderano questo cambiamento e l’elezione di un socialista alla poltrona più prestigiosa del loro paese?

3. Perché i francesi vogliono il cambiamento

È dal 1995 che in Francia governa la destra (il secondo mandato di Mitterand –allora duravano sette lunghi anni – finì proprio nel 1995, poco prima di vedere morire “Tonton”) a livello presidenziale. Nel 2012, saranno quindi 16 anni con due presidenti diversi ma comunque di estrazione politica comune. Se poi consideriamo il governo, la destra governa in modo “combinato” da 9 anni circa. De Gaulle aveva concepito il presidente come l’arbitro del sistema repubblicano, facendo durare i mandati presidenziali e legislativi per periodi diversi. Con la riduzione sotto Chirac del mandato presidenziale a cinque anni, legislativo e esecutivo sono stati parificati, cosi da rendere la voglia di cambiamento ancora più netta togliendo al presidente la sua natura “super partes”. Certo dal 2007 non si è più votato a livello presidenziale, ma le dimostrazioni di desiderio di cambiamento sono state numerose.

Ovviamente non è sempre stata la sinistra a trarre beneficio di questo ras-le-bol (espressione francese che significa: quando la scodella è piena, si capisce bene di cosa…), anche il Fronte Nazionale ha raccolto consensi, ma secondo me sempre in un’ottica di contestazione del governo e del presidente. I francesi sanno per avere già vissuto la stessa situazione (seppur con intensità minore, d’allora sono trascorsi altri cinque anni!) che l’unica alternativa possibile a questa destra è la sinistra.

Guardando i numeri, si osserva che ormai i francesi non solo desiderano la sconfitta di Sarkozy, ma esprimono anche un desiderio di vittoria per la sinistra per più del 50% degli elettori (anche se i sondaggi sono del mese di agosto 2010).


Quando venne eletto nel 1981, Mitterand aveva con se un programma politico la cui messa in atto significava una vera e proprio rivoluzione economica e sociale – seppur pacifica e democratica. Le difficoltà riscontrate (soprattutto in campo economico) hanno trasformato la sinistra e segnato la generazione di politici che hanno lavorato con e per Mitterand. Sono gli uomini e la donna che si propongono di dirigere il proprio paese, con la positività di “Tonton” prima di loro, ma con una serietà e una maturità diversa. Sanno di non potere sbagliare, perché la posta in gioco è altissima. Se sbaglieranno, anche loro potrebbe subire ben presto il vote sanction che ha sostituito le rivoluzioni nella storia politica francese.

il vostro LombardoMaNonRibelleVersoLaRepubblica
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