I giornali in questi giorni hanno martellato sulla Lega Nord, parlando di malumori, spaccature, Maroniani, Cerchio Magico e via dicendo. Sara’ vero? Ero scettica ed incredula, avendo scarsa fiducia dei media, ed ho cercato di sondare la Lega dall’Interno. In sintesi, ho appurato che quello che scrivono i giornali è vero: le notizie sono state passate ai giornalisti proprio da alcuni leghisti che vogliono rendere pubblica la situazione.
Esiste il famoso “cerchio magico“, nato in seguito alla malattia di Bossi. Il cerchio non permette a nessuno di avvicinarsi al Capo e praticamente vivono con lui. I suoi componenti sono noti: Rosi Mauro, sig.ra Marrone e figlio, Reguzzoni e Bricolo, il tesoriere della lega e pochissimi altri. è poi importante sottolineare che i membri del cerchio sono i più vicini al PDL. Bossi stesso è definitivamente legato a Berlusconi da un vincolo di riconoscenza: non si tratta di una questione economica come si è sentito dire, ma dal fatto che se non fosse stato per Berlusconi ed i suoi medici oggi bossi sarebbe un vegetale… gli deve la vita!
TUTTI gli altri, ossia i ministri, i governatori, i sindaci ma anche la stragrande maggioranza dei militanti, sono compattissimi, generalmente critici verso l’alleato, e questo prima o poi potrebbe incrinare la Lega e lo stesso governo.
L’acclamazione che il popolo di pontida ha riservato a Maroni non è piaciuta al cerchio che ha deciso di far firmare a Bossi addirittura il commissariamento della segreteria nazionale lombarda di Giorgetti, l’uomo che fino a poco tempo fa era il delfino di Bossi! il commissario sarebbe dovuto essere proprio Rosi Mauro. La vigliaccata non è andata in porto perchè Maroni, Calderoli, Cota ed altri hanno minacciato la dimissione dai propri incarichi istituzionali ed addirittura la loro uscita dalla Lega.
Umberto Bossi non è più super partes. Con l’uscita di ieri – «se Maroni non è contento per la conferma di Reguzzoni, peggio per lui» – è entrato dritto dritto nella guerra di potere per il controllo della Lega. Si è schierato. Ha scelto la corrente di famiglia, quella di Rosi Mauro, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo. Ha scelto di non essere più l’imperatore, abbandonando il “divide et impera” che ha contraddistinto vent’anni di leadership. Ha scelto di andare contro i numeri del suo partito: i militanti, la stragrande maggioranza, stanno con Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Lo dimostrano i congressi, dove escono sconfitti sempre gli esponenti del cosiddetto “cerchio magico”. Non sembra più realistica la sua frase «non ci sono liti dove ci sono io».
L’Umberto dice poi che «la base è sotto controllo, che è la base a tenere sotto controllo la Lega, non Maroni». In realtà il ministro dell’Interno cerca solo di non far fare una brutta fine alla Lega stessa: i non brillanti risultati alle amministrative e il corto circuito andato in onda al referendum hanno spinto Bobo e Calderoli a sfidare il premier per chiedere un cambio di passo, una svolta per non finire male. Un messaggio indiretto anche al Senatur: cambiamo la cabina di regia del partito, altrimenti dilapidiamo il tesoretto di voti e torniamo alle percentuali da prefisso telefonico di fine anni ’90.
Più che una sberla (quella era per il premier), un buffetto. Gesto che però è stato male interpretato. Per un semplice motivo: è stato spiegato diversamente a Bossi. I colonnelli che vivono a stretto contatto con la famiglia di Gemonio gli hanno raccontato un’altra storia. Gli hanno spiegato che Maroni e i suoi vogliono rubargli il partito. Un incubo. E così, piano piano, il grande capo padano ha iniziato a prendere le distanze dai vecchi amici, quelli che l’hanno aiutato a mettere in piedi la Lega negli anni ’80. Quelli che non l’hanno mai tradito, anche quando Bossi divorziò da Berlusconi, gettando via cinque ministri e centinaia di parlamentari. Quelli che non hanno approfittato della sua malattia per metterlo in disparte.
E’ la malattia il vero problema di Bossi e di conseguenza della Lega. Quel maledetto colpo al cuore l’ha via via indebolito. Inutile nascondere l’amara verità: l’Umberto non è più come prima. Ha un’autonomia di poche ore al giorno, non ha più possibilità di sentire e vedere centinaia di persone come prima, per questo non ha più il fiuto di prima. Se poi, in quei pochi momenti d’oro, viene pressato… Purtroppo è un eroe stanco. Va salvato, non sfruttato.
PS: segnaliamo che la seconda parte del presente post, riprende l’articolo dell’ottimo Giuliano Zulin di Libero, che e’ risultato il piu’ fedele nel descrivere la situazione.