Istituzionalmente Cuba è una ” Repubblica Socialista di Lavoratori “. Il potere formalmente appartiene all’Assemblea del “Poder Popular” ma di fatto a controllare il paese sono il Partito Comunista Cubano (PCC) “martiano e marxista leninista” e l’Esercito , controllati apparentemente in modo saldo ,dai fratelli Castro che ,come in un gioco delle parti , si divertono a impersonare “il buono” (Raul …più liberale e modernizzatore ) e il “cattivo” (Fidel…più conservatore e in linea con la tradizionale impostazione del regime).
Il ricordo di Ernesto che Guevara invece è ancora vivo ma più che altro ad uso e consumo delle orde di turisti che se lo ritrovano in magliette ,souvenir e murales i cui slogan (comunismo o muerte!, hasta la victoria siempre!) suonano alla gioventù cubana , affamata di internet e di viaggi all’estero ,tanto altisonanti quanto vuoti di contenuto.
Di fatto a Cuba non c’è libertà .
Le libertà d’espressione , di informazione , di riunione e di opinione politica (i risultati delle elezioni sono prestabiliti dal partito) non sono espressamente negate ma sono declinate sull’isola in un modo del tutto “particolare”. Tutto il sistema informativo nazionale, fatto di alcuni canali televisivi (l’istituzionale “Cubavision” e la giovanilistica “Telerebelde”) di radio provinciali e di giornali ( tra cui il “Granma”) è asservito al partito .
Il telegiornale nazionale , introdotto da una caraibica e interminabile sigla e presentato di solito da un baffuto giornalista , si riduce ad una noiosissima lista di “noticias” propagandistiche montate ad arte e discorsi di Fidel o (più spesso) Raul ; le consuete “mesas redondas” (una sorta di “porta a porta”) sono surreali nella loro mancanza assoluta di contraddittorio.
Il tasso di libertà di religione invece è migliorato da quando un Papa ha messo piede sull’isola e la Conferenza Episcopale Cubana è rispettata . Essa spesso è anche intervenuta fruttuosamente per contribuire alla liberazione dei prigionieri politici .Tuttavia la religione è qualcosa di poco sentita dalla popolazione anche se spesso la gente si autodefinisce poco convintamente “cattolica”.
Alcuni praticano i rituali (un po’ inquietanti ) della “Santeria” , un culto sincretico che unisce aspetti del cattolicesimo e dei riti animisti portati dagli schiavi (la maggior parte dei suoi seguaci sono afro-cubani). Esiste una piccola comunità ebraica guardata con sospetto dalle autorità . Cuba non ha rapporti diplomatici con Israele che considera un paese ostile.
I legami familiari , nella società cubana , sono percepiti come molto meno vincolanti e il matrimonio civile (pochi si sposano in chiesa) non ha la stessa importanza che ha in Europa e tanto meno in Italia . Le famiglie sono sovente “allargate” e la condizione della donna cubana (seppur migliore che in altre nazioni vicine) può essere , a seconda dei contesti , anche assai difficile (l’alcolismo tra i mariti è piuttosto diffuso) .
Altro problema che il regime non è riuscito ad affrontare , se non in modo superficiale e ipocrita, è quello del razzismo. A cuba la popolazione è molto variegata e ufficialmente il razzismo non esiste. Nulla di più falso. Sebbene il problema non si evidenzi nelle forme gravi degli altri paesi vicini ,
è però evidente che la classe dirigente è composta quasi esclusivamente da bianchi e i migliori impieghi (come quelli nel settore del turismo, nella sanità , nell’amministrazione) sono riservati a questi ultimi . Alla popolazione di colore si riservano i lavori più umili e gli impieghi afferenti la sicurezza (esercito e polizia) . Il razzismo poi è diffuso in modo particolare nelle province orientali
(a vocazione agricola) dove alla gente di colore è riservato un trattamento davvero poco dignitoso.
Alla popolazione nera poi , discriminata durante il regime filoamericano di Batista, si richiede subdolamente un tasso di fedeltà al regime addirittura maggiore .
Non esiste ovviamente nemmeno libertà d’impresa (nonostante alcune timide riforme) .
L’economia dell’isola si basa essenzialmente su un’agricoltura (le terre sono dello Stato) di pochi prodotti “coloniali” (tabacco, canna da zucchero, frutta tropicale , caffè) e sulla manifattura alimentata da questi . Tutti i turisti di ritorno dall’isola mettono in valigia due scatole di sigari “Cohiba” e due bottiglie dell’ambrato rum rigorosamente marca “Havana Club”.
Altra fonte di reddito è l’estrazione del nichel e di petrolio (di scarsa qualità) che non è però sufficiente per il fabbisogno energetico nazionale e che viene integrato con quello venezuelano .
Va ricordato ovviamente il settore turistico, pilastro essenziale per l’economia che contribuisce a rimpinguare le casse nazionali di valuta pregiata e che da tempo si è aperto a joint-venture con altre controparti (italiane spagnole canadesi). Parecchi sono gli italiani che fanno le loro vacanze sull’isola attratti dalle bellezze del luogo, tra queste le “guajiras”, e numerosi sono i casi di matrimoni tra italiani e cubane (l’Italia ospita la 3°comunità cubana all’estero,dopo USA e Spagna).
Cuba però lentamente si muove, sulla scia della sua gioventù , sia dal punto di vista economico che (in misura molto minore) politico . Qui si possono fare solo pochi esempi.
Ad un recente Congresso del PCC alcuni giovani hanno protestato perché non è ancora loro consentito uscire dal paese , avere in tasca un passaporto, varcare il gate di un aeroporto.
Protesta inimmaginabile qualche anno fa. Sono infatti pochissimi i cubani che hanno il permesso di viaggiare all’estero (medici spediti in Venezuela, quadri del regime, sportivi …questi ultimi spesso ci restano all’estero).
Pare però che il “riformista” (le virgolette sono d’obbligo) Raul stia lavorando per modificare in senso più liberale la vigente legislazione in materia migratoria.
I segni di liberalizzazione “politica” tuttavia sono quasi inesistenti e ancora allo stato embrionale.
I dissidenti sono incarcerati o nella migliore delle ipotesi esiliati dal paese ((in Spagna di solito).
E’ sul fronte economico invece che iniziano a muoversi i passi più evidenti.
Il regime ha liberalizzato alcune attività economiche già da tempo (come ad esempio ristorantini privati dette “paladares “) e altre in questi mesi (barbieri, manicure ).
Altre novità sono arrivate dal settore immobiliare. Fino ad oggi infatti l’unico modo per avere una casa era …”avercela già!”. Era impossibile acquistare casa ma la si poteva solo scambiare con un’altra di pari valore. Adesso invece (la riforma è recentissima) si potrà acquistare casa ma solo rispettando limiti molto ristretti (occorrerà ad esempio avere la cittadinanza cubana) per evitare speculazioni che il governo teme possano arrivare dalla potentissima comunità cubana anticastrista di Miami (vero incubo per il regime e dalla quale pare siano partiti svariati attentati ). Ancora oggi Cuba non ha rapporti diplomatici con gli USA . E’ infatti la Svizzera che rappresenta come “protecting power” gli interessi americani a Cuba ( e cubani negli Stati Uniti ).
Le recenti riforme prevederanno altresì il licenziamento di decine di migliaia di impiegati statali e l’abolizione del sistema della “libreta” una sorta di tessera che garantiva alcuni generi alimentari di base a tutta la popolazione ( riso, fagioli, zucchero ).
In realtà ciò che si evince da questi pochi esempi è che tra mille cautele il regime sta aprendosi alla proprietà privata e ad un modo di gestire lo stato poco socialista e molto “capitalista” .
Ma come scrive la blogger Joani Sanchez , divenuta il simbolo internazionale della contestazione al regime :
“A Cuba le aperture non sono mai troppo aperte e le chiusure non sono mai troppo chiuse” .
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