(diamo un futuro ai nostri figli)
Nota per i Lettori
Funny King e Martino hanno lanciato una proposta per una riduzione di 200 miliardi di Spesa Pubblica. Nel presente post parleremo di Istruzione, e lanceremo guidelines e proposte operative sia nella direzione del contenimento della Spesa Pubblica, che nella direzione di una generale maggior Qualita’ del sistema di Istruzione. Ogni contributo dei lettori sara’ ben accetto.
Giuseppe Sandro Mela e Gpg Imperatrice
Guidelines per una riforma globale dell’Istruzione.
§ 1. Premesse generali.
Numero, capacità intellettive ed organizzazione, comuni modi di sentire e volontà operativa dei membri di una collettività ne costituiscono l’autentico patrimonio, che fa ampiamente aggio sulle risorse naturali, come Italia e Giappone hanno recentemente dimostrato.
La giustizia è il collante della collettività: «unicuique suum reddere». Da essa discende il concetto di bene comune, che tutela tutti armonizzando il bene dei singoli, e che si esprime in leggi eticamente corrette, eque e chiare con le quali amministrare i giudizi in modo retto e rapido.
Nessuna collettività è di per sé autosufficiente, per cui deve interagire culturalmente ed economicamente con le altre, adeguandosi alle realtà emergenti, per non esserne inglobata o addirittura scomparire. Adeguamento che implica cambiamenti culturali, della struttura economica e rimpiazzo delle persone non più all’altezza dei tempi, da cui consegue l’impossibilità di mantenere i così detti “posti a vita“.
§. 2. Contesto socio culturale ed economico generale.
Stiamo assistendo ad una rapida svolta epocale che in Occidente, dopo l’implosione della ideologia comunista e quindi il crollo di quella socialista del welfare, si avvia al crollo della concezione illuminista dello stato e della società.
Una mal condizionata visione illuminista a partire dalla metà del ‘700 ha fatto transitare la logica dal dominio della filosofia a quello delle scienze esatte, lasciando il campo aperto a concezioni incoerenti, destinate così ad implodere sotto il peso delle proprie contraddizioni.
Al ripudio dell’etica ed all’ammissione che esistano etiche plurime e contrastanti consegue una ambigua definizione del concetto di “diritto“. L’etica definisce dei doveri non contraddittori, ed il concetto di diritto è definito dalla osservanza generale dei doveri. Scardinati dai doveri, i diritti impazziscono. Qualsiasi pulsione o interesse specifico è considerata “diritto inalienabile“, cui deve mandatoriamente conseguire una legge positiva dello stato che lo istituisce e difenda.
Decontestualizzato dall’etica, il concetto illuminista di libertà si confonde con la possibilità dell’agire non sottoposta ad alcun vincolo e limite. Diventa il poter fare ciò che si vuole, ciò cui spingono le pulsioni, la cui naturale insorgenza é assunta ad elemento legalizzante del diritto che ne consegue. L’emotività offusca la mente.
La struttura contraddittoria di tale società dei diritti sta adesso crollando sotto i nostri occhi.
Deprivato il diritto dei canoni metagiuridici vincolanti, il legislatore può produrre disposizioni conflittuali, che privilegiano l’interesse particolare a discapito del bene comune, per garantirsi la maggioranza dei voti. Il suffragio universale diventa così denominazione caricaturale della democrazia e causa prima del deficit di bilancio, cui consegue un continuo innalzamento del debito sovrano, che poi altro non è che una tassazione differita.
In questo contesto la libertà degenera in licenza, ed alla fine legalizza la predominanza del più forte, come hanno teorizzato Hegel, Marx, Hitler. Che abbia diritto di dominare una nazione, una classe oppure una razza è del tutto irrilevante. La giustizia non trova albergo in queste situazioni perché nega agli altri persino la dignità di essere persone umane: se va bene schiavi, altrimenti sottouomini.
E’ sequenziale una severa crisi dell’istituto familiare, in cui spicca la latitanza dei genitori nel processo educativo dei figli, che vengono tutelati oltre misura, rendendoli alla fine inetti ad assumersi i loro doveri, posizione in stridente contrasto con le realtà orientali, ove famiglia e scuola svolgono un preciso e severo ruolo di educazione al conseguire risultati di eccellenza negli studi in un contesto di disciplina che rasenta quella militare[1].
Ne consegue che i nostri giovani vivono in un clima culturale di diritti scollegati dai relativi doveri ed esercitati tramite la licenza, come testimonia l’indisciplina scolastica che, fa vivere i nostri giovani in una realtà virtuale, in un mondo di illusioni destinate un giorno a crollare sotto il peso degli eventi.
Una cosa appare certa: nel volgere di un lustro l’Occidente sarà profondamente cambiato, e con esso dovrà mutare anche il sistema scolastico.
§ 3. Fini e scopi dell’istruzione della gioventù.
La congerie degli attuali pressanti problemi economici ed organizzativi può far perdere di vista gli obiettivi strategici dell’istruzione. A rispondere, in poche parole, alla domanda «a cosa serve?».
· L’istruzione serve a mettere in grado gli individui di inserirsi attivamente nella società, avendo assimilato il contesto culturale di provenienza e svolgendo un lavoro proficuo, allo stato dell’arte, così che il loro operare sia in grado di competere nel contesto sia locale sia globale in cui opereranno.
· Questa finalità soddisfa molte esigenze: mantenere dignitosamente sé stessi e la propria famiglia, assicurare personale idoneo al proseguimento della formazione, immettere nel mercato del lavoro persone preparate, alimentare il processo di ricerca e sviluppo che trasferisce nuove conoscenze alla produzione, innovandola e mantenendola competitiva. In particolare, assicurando un continuo innalzamento del livello qualitativo.
Svolgere un lavoro proficuo presuppone l’aver acquisito la mentalità di cives, una professionalità, ed aver interiorizzare l’etica del lavoro, per cui l’operato di ciascuno, a qualsiasi livello si esplichi, sia più perfetto il possibile, cosa che presuppone un’ordinata disciplina di vita. Non esiste miglioramento qualitativo in assenza di perfezione nel lavoro.
L’istruzione é quindi un aspetto del bene comune e si configura come dovere e debito dell’individuo nei confronti della famiglia e della società, che investono su di lui in termini di tempo e danaro. Dovere e debito che conferiranno d’altra parte all’individuo la possibilità di assumere la dignità di persona umana che gli compete.
Il così detto “diritto allo studio” non implica che tutti indiscriminatamente accedano e portino a termine un cursus discendi, che non é detto debba terminare con la laurea. Consiste invece nel dovere che la collettività si assume di far accedere agli, e proseguire negli studi quanti ne abbiano attitudine e capacità anche se provenissero da una famiglia non in grado di sostenerne il costo. Quindi, per chiarezza, tutti hanno il diritto di essere considerati e valutati obiettivamente, ma la collettività ha il dovere di sostenere solo quelli meritevoli.
Occorre anche prendere atto che solo una parte dei giovani é portata a conseguire una laurea, mentre altri hanno una maggiore attitudine e desiderio a svolgere lavori professionali, che godono della stessa dignità di ogni altro tipo di iter. Le scuole professionali non solo rispondono a precise esigenze della collettività, ma anche a quelle delle singole persone perché consentono una più rapida immissione nel mondo produttivo. Esse sono al momento fortemente penalizzate e trascurate, con disaffezione dei giovani verso arti e mestieri di rilevante importanza sociale ed economica, e, ripetiamo, tutte parimenti degne.
§. 4. Giustizia, situazioni sfortunate ed eccellenza.
Una collettività che non si fondi sull’equità della giustizia presenterebbe contraddizioni che ne determinerebbero l’implosione. Questo vale nei confronti di tutte le persone che la compongono, senza distinzione alcuna.
Nel caso specifico dell’istruzione si attua un elementare principio di giustizia:
· aiutando sia le persone economicamente deboli, sia quelle che per un qualsiasi motivo indipendente dalla loro volontà presentano una qualsiasi forma di handicap, psichico o fisico. Si adempie un obbligo di giustizia quindi finanziando in modo proprio gli studi dei primi, cercando di dare ai secondi quanto possibile per favorirne un inserimento, anche se parziale e protetto, nel mondo del lavoro. Occorre in poche parole rispettare la dignità umana.
· garantendo ai soggetti normali un ambiente di studio ordinato, disciplinato e sereno con i migliori insegnanti possibili, sia per scienza sia per coscienza professionale e dedizione al lavoro.
· ma ciò non é sufficiente per adempiere completamente alla giustizia. Esiste una quota, spesso non irrilevante, di persone dotate più della norma, maggiormente desiderose di imparare e migliorarsi, che dispiegano una maggiore volontà di applicarsi e di emergere. Anche nei riguardi di costoro deve essere esercitata la giustizia.
Se ben valutiamo la storia, ci si rende presto conto che uomini come Pitagora, Archimede, Newton, Gauss, Jenner o Fleming, solo per citarne alcuni, hanno dato all’umanità un impulso tale da cambiarne il volto. Ben poche massaie sanno che il frigorifero, così come lo usiamo adesso, deriva da un’idea di Albert Einstein.
Un esempio da manuale. Andrea Viterbi nacque a Bergamo ma dovette emigrare negli USA. A lui si deve la dimostrazione dell’omonimo teorema, la cui applicazione é alla base delle telecomunicazioni, specialmente quelle dei telefoni mobili. Raggiunse in breve il 360° posto nella graduatoria delle persone più ricche del mondo ma, soprattutto, la sua scoperta ha generato un indotto stimabile a circa 9,800 mld Usd all’anno.
In breve, nella collettività la giustizia non può essere appannaggio di alcune persone o categorie, ma di tutti, nel rispetto della persona umana.
E’ tuttavia evidente che un’attenzione del tutto particolare dovrebbe essere riservata ad individuare, far crescere e remunerare in modo adeguato l’eccellenza in qualsiasi settore essa si manifesti. Si ricordi anche che non esiste solo l’eccellenza scientifica, ma anche quella artistica, letteraria, umanistica, e nei lavori artigianali.
Se il problema é correttamente focalizzato, rimane semplicemente sequenziale la struttura organizzativa che dovrebbe avere la scuola inferiore.
Sulla scorta di quanto detto, adesso possiamo entrare direttamente nel merito della questione.
§ 5. Demografia.
L’Italia aveva 56,923,524 abitanti nel 2000 e 60,387,219 nel 2010[2], incremento da addebitarsi all’immigrazione: infatti, nel 2008 a fronte di 585,163 decessi si riscontrarono 576,659 nascite, 591,663 e 568,857 nel 2009[3]. Il saldo degli autoctoni è quindi negativo: mentre Francia, Irlanda, Islanda e Turchia presentavano nel 2010 un tasso di fertilità per femmina eguale o maggiore a due, l’Italia nello stesso anno si attestava a 1.41[4]. Il numero della popolazione totale non crolla come la denatalità suggerirebbe perché la speranza di vita alla nascita nel 2007 era di 78.6 per i maschi ed 84.0 per le femmine, mentre le classi 0-14, 15-64 ed over 65 erano 8,337,511 (14.1%), 39,263,175 (66.4%) e 11,530,601 (19.5%), rispettivamente[5].
Quindi, l’attuale classe scolare, 0-21 anni, stimabile a 12,506,267 unità, é destinata a ridursi a meno di 7 milioni nel 2030 e si contrapporrà ad un elevato numero di anziani. La denatalità ha portato nel 2009[6] il rapporto alunni/insegnanti a 10.9 contro il 16.6 della Germania[7], rapporto che, senza agire sul corpo docente, si approssimerà a 6.3 nel 2030. Ne consegue che:
· Mentre le strutture potranno essere alienate o riconvertite, il personale presenterà esuberi cospicui.
§ 6. Dati sugli Studenti, Addetti e Costi alle scuole secondarie.
Nel 2004 risultavo a ruolo 504,265 insegnanti, 293,317 nella scuola primaria e 211,018 nella secondaria[8], cui dovrebbero essere aggiunti circa 200,000 precari.
Nel 2009[9] il MEF riportava 887,173 occupati a tempo indeterminato[10], per i quali corrispondeva un costo totale del lavoro pari a 45,587,476,000 Euro, ossia 51,385 Euro a testa, in termini medi. Si noti che lo stipendio lordo é maggiore a quello lordo medio UE, mentre quello netto risulta inferiore a causa di una maggiore pressione fiscale. Questi costi non includono quelli derivanti dalla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, né dai costi diretti ed indiretti di gestione. Nella totalità però, gli addetti a qualsiasi titolo (stipendiati) dallo stato ed addetti alla scuola risultavano essere al 2009 1,100,000, delle quali 900,000 a ruolo e 200,00 precari. Ne consegue che percepivano uno stipendio 382,908 dipendenti non insegnanti, dato molto superiore alla media Ocse.
Denatalità ed inamovibilità dal ruolo determinavano un rapporto alunni/insegnanti di 8.1 alunni/addetto, che scendeva a 10.9 nel 2009[11], contro il 16.6 della Germania[12].
Il surplus degli insegnanti è evidente anche tenendo conto che, essendo gli occupati 22.886 (56.9%) mln, 2.105 mln i disoccupati e 14.958 mln gli inattivi, un occupato su venti lavora per la scuola inferiore[13]. Questo dato si commenta da solo e conduce a concludere che:
· una riforma deve prevedere criteri oggettivi per la riduzione del personale.
§ 7. Meritocrazia e Controlli di qualità.
Ogni processo produttivo é sostenibile solo se il prodotto finale trova una adeguata collocazione sul mercato. Nel caso dell’istruzione, il prodotto finale é il know-how e la professionalità che consentono l’inserimento nel mondo del lavoro e quelli intermedi le valutazioni oggettive nei passaggi da scuole inferiori a superiori. Si noti che questo particolare processo non può essere valutato in una mera ottica economica, perché una istruzione inadeguata danneggia permanentemente l’individuo.
Tutte le filiere produttive devono sottostare a controlli della qualità del prodotto e tali controlli devono essere trasparenti, facilmente eseguibili, quantitativi, e sempre, mandatoriamente, eseguiti da una qualche Autorità estranea al processo produttivo stesso. Così concepito il controllo di qualità determina il valore finale del prodotto, in base al quale e si devono modulare gli investimenti e remunerare il personale in ragione di quanto prodotto, premiando i più efficienti ed eliminando i meno produttivi.
Proponiamo quindi l’utilizzo dei seguenti criteri, che determinano il primo l’efficienza a lungo termine ed il secondo a breve.
§ 7.1. Criterio a lungo termine: il guadagno degli ex-alunni.
L’elevato tasso di informatizzazione e l’identificazione univoca delle persone tramite il codice fiscale consente facilmente di associare alla scuola frequentata ed ai professori in essa attivi il reddito medio conseguito dagli ex alunni, a dieci anni dal loro inserimento nel mondo del lavoro, sotto l’ipotesi che a migliore formazione ricevuta corrisponda un migliore inserimento nel tessuto produttivo. Potrebbe essere equo normalizzare il reddito medio su quello della regione di rilevamento. Possiamo quindi esprimere il primo criterio nel modo seguente:
· I fondi destinati agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per la maggior quota essere funzione del guadagno medio che i loro ex-alunni sapranno ricavare mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti.
Questo criterio vale ovviamente per tutti i livelli degli studi fatti dagli ex studenti, dalle scuole elementari al corso di laurea. Presenta costi irrisori, é del tutto oggettivo, può essere svolto da un programma di elaborazione veramente banale crociando i dati già disponibili presso Ministeri ed Agenzia delle Entrate.
§ 7.2. Criterio a breve termine: rendimento scolastico.
L’Ocse da tempo monitorizza la qualità dell’istruzione nei paesi membri (e non solo) con metodi oggettivi[14]. Nonostante che l’Italia preveda tempi di istruzione di 8,316 ore contro le 6,732 di media Ocse ed abbia una proporzione studenti/insegnanti di 10.7 contro 16.0, la capacità di lettura degli studenti italiani si attesta significativamente sotto la media con uno score di 486, mentre ai primi posti sono, nell’ordine, la Cina (Shangai) 556, la Korea del Sud 539, la Finlandia 536, Hong Kong 533 e Singapore 526. Ancor più sconfortante è il dato relativo alla capacità di capire e manipolare quanto letto: l’Italia si piazza al 34° posto, essendo la Korea del Sud, Shangai ed Hong Kong le prime tre, rispettivamente. Ma ciò che connota l’Italia è la quasi mancanza della eccellenza[15]. Alla fine di ogni anno scolastico tutti gli studenti dovrebbero eseguire, meglio se in via elettronica, il test Ocse. Possiamo quindi esprimere il primo criterio nel modo seguente:
· I fondi destinati agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per una certa quota essere funzione del risultato dei test, materia per materia.
· Non sono ammessi ai test, e quindi ottengono punteggio eguale a zero, gli studenti che hanno meno del voto otto in condotta.
· Gli studenti che riportano un voto in condotta inferiore a sei perdono il diritto di iscriversi a qualsiasi scuola dello Stato.
§ 8.1. Utilizzazione dei criteri: istituti ed insegnanti.
Sulla base dei suddetti criteri diventa possibile allestire una graduatoria meritocratica degli insegnanti e degli istituti, sulla cui scorta assegnare gli stipendi e finanziamenti, rispettivamente. Gli istituti e gli insegnanti con punteggi nel decile inferiore dovrebbero essere soppressi e licenziati, rispettivamente, fino al riequilibrio del rapporto insegnanti/studenti ottimale, stimabile attorno a 25.
Le conseguenze si farebbero presto sentire, perché gli insegnanti:
· sarebbero ben motivati a migliorare il proprio apporto didattico
· epurerebbero dalle loro classi gli alunni incapaci di sostenere il ritmo fino ad almeno il livello di decenza
· a regime, infine, l’annuale costante eliminazione del decile inferiore consentirebbe di aprire la via dell’insegnamento a forze nuove e determinerebbe nel medio – lungo termine un sostanziale ed autosostenuto incremento del livello didattico.
§ 8.2. Utilizzazione dei criteri: gli studenti.
Diventerebbe anche possibile allestire una graduatoria del rendimento scolastico dei singoli alunni. Appare del tutto naturale che, in questo contesto, gli allievi siano raggruppati in classi omogenee per rendimento.
Nel caso di classi ad elevata densità di handicappati dovrebbe essere previsto un apposito organico supplementare di insegnanti di appoggio, e nel caso delle classi di eccellenza si potranno mettere a disposizione corsi complementari, supplementari ed integrativi.
Gli alunni con punteggi nel primo decile superiore dovrebbero ricevere una borsa di studio additiva alle eventuali previdenze godute per il baso reddito familiare, ed essere inquadrati in un programma che consenta loro di frequentare uno o più anni in scuole estere, così da apprendere fluentemente una o più lingue straniere ed imparare a conoscere nuove mentalità ed ambienti socio culturali.
Gli alunni con punteggi nell’ultimo decile non potranno accedere alla classe superiore.
Gli alunni con punteggi inferiori al valor mediano dovrebbero pagare le tasse scolastiche in quota tale da consentire di esonerarne dal pagamento quelli con punteggi superiori al valor mediano.
Come considerazione finale, nell’ottica di una valutazione obiettiva dei risultati, risulterebbe del tutto inutile e fuorviante l’attuale diatriba tutta nostrana tra scuola pubblica e privata: si finanziano quelle efficienti e non si finanziano quelle scadenti.
§ 9. Riorganizzazione della Scuola dell’obbligo.
Come gia’ evidenziato il problema della scuola Italiana e’ di qualita’ e non di quantita’. Un altro aspetto da considerare e’ che le Scuole e le Universita’ Italiane sfornano Diplomati e Laureati ben piu’ anziani di molti altri paesi, e questo senza dubbio crea un grande danno tanto per il Paese, quanto per gli stessi giovani, che inizieranno ad affacciarsi al mondo del lavoro in ritardo rispetto a colleghi europei, con conseguenze sociali notevoli, nonche’ personali, visto che si affronterenno i passi successivi (trovare lavoro, uscire di casa, mettere su famiglia, fare figli) con un handicap temporale di 2-4 anni.
La proposta e’ sfornare diplomati e laureati 2-4 anni prima di oggi, iniziando i cicli di studio a 5 anni (e non 6), per 12 anni (e non 13), massimizzando il tempo pieno.
Parleremo di Universita’ in un post successivo e dedicato
Conclusioni operative:
A nostro modo di vedere, stante quanto sopra, una riforma globale dell’Istruzione si deve basare sui seguenti cardini operativi:
· Riduzione quantitativa drastica del numero di insegnanti e personale scolastico, nonche’ delle strutture, ma ricerca della qualita’ e dell’efficienza
· Introduzione del Criterio del guadagno degli ex-alunni: I fondi destinati agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per la maggior quota essere funzione del guadagno medio che i loro ex-alunni sapranno ricavare mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti
· Introduzione del Criterio del rendimento scolastico: I fondi destinati agli istituti e gli stipendi degli insegnati dovranno per una certa quota essere funzione del risultato dei test, materia per materia
· Introduzione e massimizzazione del concetto di graduatoria del rendimento scolastico dei singoli alunni, vincolando pesantemente gli aspetti economici (Tasse, Borse di Studio) al rendimento scolastico (e non solo al reddito)
· Sfornare diplomati e laureati 2-4 anni prima di oggi, iniziando i cicli di studio a 5 anni (e non 6), per 12 anni (e non 13), massimizzando il tempo pieno
Note e Bibliografia:
1 Annie Murphy Paul; Tiger Moms: Is Tough Parenting Really the Answer?; Time, Thursday, Jan. 20, 2011
2 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/printTable.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=tps00001&printPreview=true
3 2010-09-15__ISTAT__Bilancio_Demografico_Mensile
4 2011-09-23__Eurostat__Popolazione__Predittore__
5 Istat__Compendio_Statistico_2009__Tav._2.1_
6 2011-09-23__Eurostat__Education__ Ratio of Students to teachers (ISCED 1-3)_
7 Questo dato ingloba peraltro anche i lettori madrelingua per l’insegnamento delle lingue estere.
8 Istat- Rilevazione sulle Scuole, anni 1945-2000 – Tav 7.05.
92011-09-18__MEF__Verso-un-annuario-statistico-della-Ragioneria-Generale-dello-Stato_2010_
10 ibidem. Tavola 5.3.1
11 2011-09-23__Eurostat__Education__ Ratio of Students to teachers (ISCED 1-3)_
12 Questo dato ingloba peraltro anche i lettori madrelingua per l’insegnamento delle lingue estere.
13 Istat__Compendio_Statistico_2009__Tav._5.1_ Dati 2007.
14 Oecd; Education at a glance 2011; 2011-09-13
15 2011-09-23__OECD__PISA__2011__982010071P1G002