Cantiere Operativo: proposte per razionalizzare il sistema Sanitario

Nota per i Lettori

Funny King e Martino hanno lanciato una proposta per una riduzione di 200 miliardi di Spesa Pubblica. L’obiettivo mi trova d’accordo, e vorrei dare un contributo, visto che da molti mesi faccio proposte in tal senso, corredate da proposte operative a mio avviso piuttosto serie.

Nel presente post parleremo di Sanita’, e lancero’ un post di Proposta Operativa in tal senso; l’obiettivo non e’ fare un post per deliziare i lettori di Rischio Calcolato e Scenari Politici di una lettura, ma di avere da Voi feed backs e suggerimenti operativi, per cui vi chiedo di commentare il post in termini operativi, e non in termini di massimi sistemi.

Grazie ai commenti piu’ validi, correggero’ il tiro (come gia’ fatto per la proposta operativa sulla casta, e come intendo fare per altri interventi successivamente) e forniro’ qualcosa di scritto a FK, che a sua volta potra’ arricchirlo ed utilizzarlo come meglio crede.

Vi ringrazio da subito per il contributo.

Premesse

A – (spese pubbliche)

          Solo nel 2009 la spesa sanitaria pubblica complessiva ammonta nel 2009 a oltre 110 miliardi di euro, pari al 7,3 per cento del Pil, e supera i 1.800 euro annui per abitante.

          Le spese in rapporto al PIL a prima vista sono in linea alla media UE (anzi leggermente inferiori), tuttavia vi sono forti squilibri interni, con le regioni del Sud che dedicano quote molto elevate del loro Prodotto Interno Lordo (PIL) alla sanità (fino all’11% in Molise, quasi il 9% in Calabria), mentre regioni come la Lombardia soddisfano il diritto all’assistenza sanitaria dei cittadini con meno del 5% del proprio reddito

Grafico 7. Spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL (per 100) per regione. Anno 2005

B – (il personale)

          Le spese sanitarie sono legate al personale al 33% (circa 36 miliardi), ma con per minimi del 25% in Lombardia, e ben in 7 regioni oltre il 40% (sia a Nord che a Sud); di conseguenza a cio’ in Lombardia si spende ben il 65% in beni e servizi, mentre nel Lazio, a Bolzano ed in Calabria appena il 45%.

          In Italia ci sono 412 medici ogni 100.000 abitanti. La media europea e’ sui 325. Qui gli squilibri interni sono meno accentuati, col Centro Italia con numeri leggermente superiori al Nord ed al Sud.

          In conclusione vi sono esuberi di personale nel comparto sanita’, con squilibri territoriali, e spesso anche all’interno delle stessa regione, ma anche fortissimi tra i vari settori e le competenza. Di certo vi sono esuberi consistenti tra il personale generico ed amministrativo e tra i medici, mentre in altri settori come l’infermieristica gli esuberi sono minimi, ed in certe aree del paese vi sono carenze di personale. Su scala territoriale, gli esuberi sono massimi nelle regioni piu’ piccole (anche al Nord, come Bolzano, la Liguria ed il friuli VG) ed in diverse regioni del Centro e Sud Italia.

C – (la soddisfazione e l’opinione dei cittadini)

          Le indagini sono concordi, nell’identificare nei cittadini una percezione qualitativa fortemente differenziata territorialmente. L’indagine promossa dall’Anaao Assomed e condotta dalla Swg (vedi link) mette in luce una serie di elementi positivi e punti di criticità. Il voto che gli Italiani danno al sevizio sanitario, in termini di fiducia, raggiunge una dimensione del 54%. Il dato complessivo tuttavia risulta fortemente diversificato a seconda delle diverse aree del paese. La Sanità complessivamente sembra funzionare decisamente meglio nelle regioni del Nord che in quelle del Centro-Sud, sia per quanto riguarda i servizi ospedalieri, di pronto soccorso, le strutture ospedaliere in generale e le visite specialistiche. Le valutazioni sulle manchevolezze del sistema si riverberano quindi sulla fiducia nel sistema sanitario in generale che passa dal 66% di chi risiede al Nord al 41% di chi sta nelle regioni del meridione. Per i servizi ospedalieri le differenze di soddisfazione sono ancor piu’ abissali: 74% al Nord, scende al 40% al Centro e scivola al solo 23% al Sud.

D – (mobilita’ ospedaliera interregionale: 1 abitante su 13 cambia regione)

          Il fenomeno della mobilità ospedaliera interregionale è sempre stato consistente e nel tempo non si osservano significative inversioni di tendenza. Nel complesso, le regioni sono interessate da circa 650 mila ricoveri ospedalieri (o dimissioni) di pazienti non residenti (8,3 per cento del totale dei ricoveri ordinari per “acuti” nel 2008) e da oltre 570 mila ricoveri effettuati dai pazienti in una regione diversa da quella di residenza (7,4 per cento, riferito ai soli residenti in Italia).

          Fortemente “attrattive” diverse  regioni del Centro Nord (eccetto le regioni piu’ piccole), ed in particolare Lombardia ed Emilia Romagna. L’emigrazione in particolare si concentra nelle regioni del Sud (eccetto la Sardegna).

E – (assistenza ospedaliera)

          Il gradiente Nord-Sud risulta evidente anche nel calcolo di molti indicatori dell’assistenza ospedaliera. Infatti, la maggioranza delle regioni centro-settentrionali presentano risultati in linea o migliori rispetto, ad esempio, agli obiettivi ed agli standard di progressiva deospedalizzazione definiti dalla programmazione nazionale, mentre quasi tutte le regioni meridionali ed insulari sembrano ancorate ancora a modelli clinico-assistenziali che privilegiano il setting ospedaliero anche per attività a bassa complessità e rischio.

          Queste differenze qualitative e quantitative tra regioni sono dovute, soprattutto, alle diverse politiche sanitarie e ai differenti modelli programmatori, organizzativi e gestionali

F – (farmaceutica)

          L’Italia è uno dei Paesi Europei che garantisce la più elevata copertura di farmaci (il 70% circa della spesa farmaceutica è a carico del Servizio Sanitario Nazionale), il cui consumo, a livello nazionale e regionale, viene costantemente monitorato, in maniera analitica ed in tempo reale, attraverso uno specifico sistema informativo attivo dall’anno 2000. Nel 2007 il consumo totale di farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale ha registrato un aumento del 30,6% rispetto al 2001, mentre la spesa privata si è mantenuta sostanzialmente stabile. Le regioni meridionali si caratterizzano per un netto maggior consumo di farmaci a carico del SSN.

          Per capirsi, la spesa procapite legata ai farmaci e’ pari a 206 euro annui per abitante, ma sono circa 160 per le prime 3 regioni banchmark (Bolzano, Toscana, Trentino) e 265 per le ultime 3 (Calabria, Lazio e Sicilia) che guarda caso sono regioni con forti deficit sanitari globali. Si capisce facilmente che allineando i criteri di elargizione delle ricette a quello delle regioni benchmark si risparmierebbero quasi 3 miliardi.

Grafici. 1) Consumo farmaceutico territoriale pesato per età – DDD (Dosi Definite Die)/1.000 abitanti die – a carico del Servizio Sanitario Nazionale per regione. Anno 2007       2) Spesa lorda pro-capite territoriale
G – (performance dei sistemi sanitari regionali)

          Il Ministero della Salute ha creato un sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali, con ben 20 indicatori. I dati che leggerete prendono in esame i dati regionali, ma spesso anche all’interno di ogni regione le differenze sono notevoli. Quello che risultera’ chiaro e’ che se ogni regione si allineasse alle regioni Benchmark, in termini di prestazioni, efficienza e qualita’, la sanita’ Italiana avrebbe un salto qualitativo enorme e risparmi immensi. 
 

          Pensate solo ai parti cesarei, che nel Friuli sono il 23% (come nella media UE) ed in Campania il 62%, che significano 23.000 parti cesarei all’anno in questa regione evitabili, fatti spesso per igrassare i contributi all’ospedale o per incompetenza, e con costi per il SSN enormi, ed anche per molte madri che potevano evitare tale operazione di cui manterranno il segno (solo per questa voce con un comportamento rigoroso e non ai limiti del criminale si potrebbe risparmiare quasi 1 miliardo).
          Qui sotto alcune conclusioni per le voci principali, indicando la regione migliore, la media e la peggiore:
          Tasso di ospedalizzazione standardizzato (Ricovero ordinario per acuti per 1.000 residenti): Toscana 97  –  Media Italiana 124  –  Puglia 155
          Degenza media pre-operatoria interventi chirurgici programmati (giorni): Friuli VG 0,73  –  Media Italiana 1,38  –  Molise 2,33

          Parti cesarei (percentuale sul totale dei parti): Friuli VG  23%  –  Media Italiana 37%  –  Campania 62%
          Percentuale di ricoveri ripetuti entro 30 giorni: Piemonte  3,3%  –  Media Italiana  5,4%  –  Puglia 7.6%
          Percentuale di donne invitate in media allo screening mammografico rispetto alla popolazione (50 – 69 anni):  Umbria 98%  –  Media Italiana 67% – Sicilia 17%
          I rimanenti 15 indicatori ed i relativi grafici li trovate nei links: qui i risultati di 2 regioni

I – (costi e costi standard)

          Come da relazioni allegate in Link, quali quella della Corte dei Conti, si trovano alcune regioni in deficit cronico, essenzialmente localizzate nel Centro-Sud, per circa 3,5 miliardi, con il record del Lazio e della Campania, che da sole assommano oltre la meta’ del deficit complessivo.

          Nella realta’, dall’analisi dei costi standard, e depurando dagli introiti trasversali e dalla mobilita’ regionale, si scopre che diverse regioni sono decisamente piu’ spendaccione delle regioni Benchmark piu’ virtuose (Lombardia, Umbria e Toscana), e se allineassero i costi a quest’ultime vi sarebbe un risparmi di circa 5 miliardi. Peccato che oltre a ridurre i costi, dovrebbero recuperare in qualita’ del servizio in modo drastico.

L – (acquisti di beni e servizi)

          Nel 2009 la spesa del Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di beni e servizi (non considerando quindi la farmaceutica e la produzione di servizi interni) è stata di circa 32,2 miliardi di euro, voce di costo che dall’inizio del 2001 ha subito il più alto tasso di crescita, pari all’8,4%. Sebbene negli ultimi anni sia stata caratterizzata da un andamento variabile, rimane, comunque, nel 2009, al 2° posto (30,4%) dopo i costi per il personale dipendente.

          Spesso si sentono inchieste che dicono che il costo dell’acquisto di una siringa o di un esame appaltato ai privati, e’ triplo o quadruplo in una regione rispetto ad un’altra, ma perché?  Certamente il “prezzo” non può essere fisso in tutta Italia, visto che giocano variabili temporali o legate alle quantità acquistate, ma tali differenze non trovano giustificazione.  Il motivo sta nel modello di gestione degli acquisti. Il modello virtuoso e’ quello che prevede innovazioni nelle modalità di acquisto, con l’introduzione in misura più evidente degli acquisti elettronici, con il rafforzamento dell’e-procurement” e di accordi quadro, e massimizzando il processo di centralizzazione degli acquisti (su base regionale e non di ospedale), razionalizzandoli nelle fasi di definizione della domanda, con una gestione più efficace dei prodotti e dei servizi acquistati, maggiori economie di scala e benefici di natura organizzativa.

Proposta Operativa

1 – RIDUZIONE SELETTIVA DEL COSTO DEL LAVORO

Questa va attuata non linearmente, ma selettivamente, intervenendo in particolare sul personale medico, su quello amministrativo e su quello generico, mentre il settore infermieristico verrebbe interessato assai meno. Territorialmente l’azione va condotta in larga parte del territorio italiano, ma in particolare nelle regioni piccole del Nord, e nel grosso delle regioni del Centro e del Sud. Gli strumenti sono vari: dal blocco del turn over, al licenziamento (da applicare sui dirigenti e medici poco efficienti), al trasferimento intraregionale ed interregionale, all’applicazione per le regioni con minor costo della vita di misure di contenimento delle carriere e del costo unitario del lavoro. La sola estensione del modello Lombardo al resto d’Italia comporterebbe da un primo conto un risparmio di oltre 9 miliardi; considerando però, la maggiore incidenza della sanità privata nella Lombardia e l’invecchiamento progressivo cui sarà sottoposta l’Italia da un lato, e che dall’altro lato la regione subalpina non e’ comunque esente da inefficienze, si ritiene ragionevole pensare ad una riduzione di 6 miliardi (cifra peraltro già inclusa nell’ammontare sul post della personale della PA, che pertanto non considereremo).

2 – MISURE DI CONTENIMENTO DELLA SPESA FARMACEUTICA

Il solo adeguamento alle regioni benchmark (Toscana, Trentino e Alto Adige) comporterebbe un risparmio di 3 miliardi. Gli strumenti che le regioni non Benchmark devono adottare, devono necessariamente ridurre le ricette: formazione dei medici, limite numerico dei farmaci prescrivibili per ricetta, dissuasione per i farmaci non essenziali tramite introduzione di ticket, dissuasione per i medici di base alla proliferazione di prescrizioni di ricette, etc. Le misure di cui sopra sono assolutamente doverose, e sono proprio le regioni che offrono un migliore servizio sanitario ad essere simultaneamente le stesse con minore spesa farmaceutica a carico del SSN erogato. Le restanti regioni devono allinearsi adottandone gli stessi criteri.

3 – NUOVO MODELLO SU ACQUISTI DI BENI E SERVIZI

Va attuato un modello virtuoso, con introduzione massiccia di acquisti elettronici, con accordi quadro con fornitori, massimizzando la  centralizzazione degli acquisti (su base regionale e non di ospedale, ed incrociando le banche dati tra le diverse regioni), adottando un modello preventivo e non d’urgenza negli acquisti che consente ampie razionalizzazioni, economie di scala, benefici organizzativi e qualitativi, etc. Chiaramente la celere adozione di tali misure, dovrebbe consentire anche processi di maggior trasparenza, con fortissima riduzione tanto dei centri di spesa che dei fornitori (che diventerebbero meno, maggiormente organizzati e fidelizzati). Gli acquisti effettuati a livello di ospedale dovrebbero ridursi drasticamente, consentendo solo acquisti di modesta entità ed in condizioni d’urgenza, con penalizzazioni economiche sugli stipendi dei manager ospedalieri se la quota di acquisti non delegati alle strutture d’acquisto centralizzate superano determinate percentuali. Chiaramente tale modello consentirebbe anche un rilevante calo di fatti illeciti e di assegnazioni ad amici e amici degli amici. I risparmi ottenibili sono valutabili prudenzialmente a regime in  6 miliardi.

4 – ORGANIZZAZIONE: FINE DEL MODELLO CLINICO-ASSISTENZIALE

In Italia vi sono 2 modelli adottati:

A.    MODELLO D’ECCELLENZA E PREVENZIONE (adottato perlomeno in parte dalle grandi regioni del Centro-Nord, pur con alcune eccezioni): scoraggia e minimizza il setting ospedaliero, pianifica le attività e gli interventi razionalmente, fa molta prevenzione, e’ generalmente efficiente e fornisce prestazioni di buona qualità e talvolta di eccellenza, vede meno strutture ospedaliere sul territorio (chiusura piccoli ospedali) con massa critica ed ottimizzazione delle risorse, investe il necessario nella formazione del personale, nelle strutture medesime e nelle apparecchiature, delega ai sistemi privati specialistici le attività che questi possono fare meglio ed a minor costo.

B.     MODELLO CLINICO ASSISTENZIALE (adottato da quasi tutte le regioni del Centro-Sud, pur con alcune eccezioni): privilegia il setting ospedaliero anche per attività a bassa complessità e rischio, fa poca prevenzione, e’ spesso inefficiente e fornisce prestazioni spesso di qualità scadente, privilegia talvolta la logica della sopravvivenza dell’ospedale alla salute del cittadino (leggi caso parti cesarei), ha strutture ospedaliere diffuse e spesso senza massa critica, non fa concorrenza al settore privato, e’ autoreferenziale. In pratica tale modello spende tanto in cose che potrebbero essere meglio disciplinate (degenza ospedaliera, personale, burocrazia, etc) e poco in spese necessarie (apparecchiature, formazione, prevenzione, etc), ed in tali realtà c’e’ un’emigrazione ospedaliera straordinaria ed un livello bassissimo di soddisfazione degli utenti, oltre a dati pessimi sulla qualità dei servizi offerti.

Appare evidente che in tutta Italia va adottato il modello d’eccellenza e va chiuso il capitolo del modello clinico-assistenziale. Le regioni e gli Ospedali devono essere obbligati a tale passaggio. Gli strumenti da adottare per questo passaggio, sono:

          Adozione non solo del sistema dei Costi Standard (che parifica budget e costi), ma anche un sistema che tenga in conto della Qualità erogata (attraverso indicatori pre-selezionati, di cui prima abbiamo visto un assaggio). In sintesi le Regioni che non si adeguano a tale modello vedranno tagliati i fondi trasferiti dalla Stato centrale, non solo per gli sbudgettamenti, ma pure sulla qualità non erogata. In sintesi, per tornare all’esempio dei “parti cesarei”, l’abuso degli stessi non sarà più elemento premiante (si ricevono più finanziamenti), ma diventerà elemento penalizzante (si ricevono meno finanziamenti, tanto più si e’ lontani dalle regioni Benchmark). Analogo sistema verrà imposto dalle regioni agli Ospedali. Analogamente la retribuzione dei Manager e dei Medici di livello verrà ancorata ai miglioramenti di efficienza e di qualità. L’adozione del Federalismo, accentuando la responsabilità locale, aiuterebbe questi passaggi.

          L’adozione di tale modello potrebbe consentire risparmi enormi, valutabili in alcuni miliardi. Al tempo stesso però, le realtà più spendaccione, sono anche quelle che generalmente non offrono servizi di prestazione adeguati e che non investono adeguatamente in apparecchiature e formazione, per cui e’ lecito attendersi anche alcune spese maggiorate. In considerazione anche delle future maggiori necessità legate all’incremento della vita media della popolazione, e’ lecito prudenzialmente attendersi risparmi dell’ordine di 3 miliardi.

Conclusioni

In conclusione, a regime e’ legittimo puntare su risparmi complessivi di  18 miliardi per il settore sanita’, con incremento della qualita’ media erogata.

Considerando che i risparmi di spesa pubblica del personale erano già stati conteggiati nel post generale sul personale della PA, si aggiungono 12 miliardi di riduzione dei costi per lo Stato, relativi al settore sanità, escludendo da tale contabilità i costi del personale.

Link utili

CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO – Elementi per l’Audizione sullo schema di D.Lgs. n. 317 recante disposizioni in materia di autonomia di entrata di Regioni a statuto ordinario e delle Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale) – Audizione 24 Febbraio 2011

– Indagine ISTAT su Sanita’ e Salute
 I CONTI E L’EFFICIENZA DELLA SANITÀ IN PUGLIA a cura di Massimo Paradiso

e Vito Peragine

– La qualità dei servizi sanitari in Italia con particolare riferimento a quelli ospedalieri – Gennaio 2009 – ANAAO ed SWG

Ministero della Salute – Il sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali – Primi indicatori ministeriali Anno 2008 – Fonte dati: Ministero e database SDO 2008 – A cura del Laboratorio Management e Sanità – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – Responsabile Scientifico Prof.ssa Sabina Nuti

di Tiziana Sabetta

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