Lo accennavo nel post dedicato alla costituente tunisina, la tanto reclamizzata “Primavera Araba” pare esser nulla più che un gattopardo in versione “Mille e una notte” in cui tutto cambia per non cambiare nulla. Per suffragare questa affermazione diamo un’occhiata ad alcuni componenti del CNT libico e del governo provvisorio. Il pesce libico puzza a partire dalla testa. Il segretario del CNT, Mustafà Abdul Jalil è stato ministro della giustizia per circa quattro anni, dal 2007 fino all’inizio della cosiddetta rivolta a febbraio, quando, miracolosamente folgorato sulla via di Damasco capì di essere ministro di un regime sanguinario. Andiamo avanti, sempre per la serie “il pesce puzza dalla testa”, tutti noi abbiamo imparato a conoscere il primo ministro del governo del CNT, Mahmoud Jibril. Anche Mahmoud Jibril è un illuminato sulla via di Damasco (1). Fino a pochi mesi fa Jibril era un alleato di Gheddafi ed era a capo di una sorta di comitato per le privatizzazioni del passato regime. Andiamo avanti, passiamo al ministro degli esteri del governo provvisorio, Alì Abd-al-Aziz al Isawi, anche lui a lungo servitore del regime e poi folgorato sulla via di Damasco. Precisamente al Isawi era un funzionario del ministero degli esteri gheddafiano e pochi mesi prima del voltafaccia era pure stato nominato ambasciatore dal beduino in persona. Potremmo parlare anche del defunto Abdul Younes, ucciso poche settimane fa dal “fuoco amico dell’ala islamista del CNT. Abdul Younes per anni è stato uno dei bracci destri del beduino e, stando a quanto ci dice Wikipedia, era pure considerato niente di meno che il numero 2 del regime. Ora, possiamo credere alle favole e pensare che tutti questi personaggi che han capeggiato la rivolta contro Gheddafi dopo avergli retto il catetere per anni, si sian di colpo accorti di essere parte di un regime dittatoriale, oppure possiamo pensare che dietro il fragrante profumo della primavera si nasconda una gran puzza di bruciato. Pensar male sarà pure peccato, ma spesso ci si azzecca. E giusto per gradire, un paio di notizie sfuggite alla sbornia umanitaria3-La Libia è un’invenzione italiana. Prima che la grande proletaria si muovesse, lo scatola di sabbia con un mare di petrolio sotto era divisa in tre province dall’amministrazione ottomana: Tripolitania, Cirenaica e il semi-desertico Fezzan. Alla divisione delle tre province si aggiunge quella dei vari clan e delle miriadi di tribù. Il beduino con il bastone della repressione e la carota dei miliardi del petrolio da redistribuire era riuscito a tenere in piedi la baracca. Ora, che accadrà? Non è che magari succede come in Iraq e vien fuori un pasticcio tipo Somalia di fronte alle coste di casa nostra? L’omicidio di Younes per via del “fuoco amico” islamista dovrebbe farci capire che nel CNT non regni esattamente l’armonia e la concordia.
Sono riflessioni che ritengo dovremmo porci prima di esultare come beoti a una partita di calcio per la piazzale Loreto della cella frigorifera di Misurata, prima di applaudire all’esecuzione sommaria dell’ex amico del Cavalier Pompetta. L’Iraq qualcosa dovrebbe insegnare sulle nefaste conseguenze dell’esportazione della democrazia con la forza e della sedicente difesa dei diritti umani tramite l’utilizzo di bombe “democratiche, umanitarie & intelligenti”.
Giovanni
(1) Un po’ come Berluscaz, Napisan, Mortadella, Baffino, Frattaglia-Frattini, Trota Senior, Mefistofele-La Russa, Sarko-Fago, Cameron Diaz, Obamba, Hillary Lewinsky, Zappaterra che, dopo aver stretto per anni le mani sorridenti col beduino, di colpo s’accorgono che costui è un feroce dittatore. O anche come una certa intellighenzia sinistra che per anni ha esaltato la rivoluzione socialista di Gheddafi sventolando il mitico “libretto verde”, difendend a spada tratta il beduino nel 1986 all’epoca delle bombe reaganiane, che ora va all’attaco del tiranno in quanto (ex) amico di Berluscaz ammainando i vessili arcobaleno di irachena memoria e recuperando lo spirito del ’56.



