Si dava già per scontato che la sfida nel GOP sarebbe diventata a due tra Romney e Gingrich, ma Ron Paul non molla l’osso. Il sondaggista democratico PPP rileva che l’arzillo vecchietto texano sta conquistando elettori giovani ed indipendenti, due delle categorie che hanno trascinato Obama alla Casa Bianca a novembre 2008. Gingrich ha passato una decina di giorni abbastanza tremendi. Mitt Romney e Ron Paul l’hanno attaccato senza sconti, e fin qui nulla di strano. Che “National Review” lo attacchi preferendogli Romney è pure questo nella normalità delle cose. Quello che ha fatto sobbalzare le sedie è che Ann Coulter, influente giornalista conservatrice e
discreta topa, ha detto che piuttosto di Gingrich voterebbe perfino Romney. Per farvi un paragone sarebbe come se in Italia la Mussolini dicesse “Piuttosto che Alfano voto Vendola”. In sintesi ai conservatori Mitt Romney, il candidato “inevitabile” proprio non va giù e a turno sta provando un po’ tutti. Prima è toccato a Michelle Bachmann, che aveva ben impressionato al primo dibattito, ma il consenso della Santanché a stelle e strisce è evaporato non appena è arrivato Rick Perry che le ha soffiato la base sotto i piedi. Al primo dibattito però Rick Perry s’è rivelato una frana e un gaffeur pure peggio della Bachmann. Che il governatore texano non fosse un granché era chiaro a chiunque avesse guardato la sua storia elettorale come governatore, una storia fatta di vittorie ottenute quasi esclusivamente per demeriti altrui e circostanze favorevoli (1). Quindi spunta Herman Cain, imprenditore afroamericano “prestato alla politica”, ma dopo poche settimane in cima ai sondaggi arriva il classico scandalo sessuale (2) con una torma di donne, probabilmente amiche di una certa cameriera del Sofitel, che sostiene di esser stata molestata da lui e Cain si ritira. Quindi rispunta direttamente dalla macchina del tempo Newt Gingrich. Per chi non lo conscesse Gingrich è stato l’autore della clamorosa vittoria repubblicana alle midterm del 1994 che riportò il GOP in maggioranza a Capitol Hill dopo 40 anni e che in quell’occasione inventò il celebre “Contract With America” copiato da Berlusconi nel 2001. Gingrich sarebbe stato l’ovvio alfiere repubblicano nel 2000 se non fosse scivolato su una buccia di banana. Nel 1998, da presidente della camera tentò di cavalcare il “Caso Lewinsky” nella campagna delle midterm, ma si rivelò un boomerang. Lo stesso Gingrich, che in quanto a vita privata non è affatto irreprensibile essendo ormai giunto al terzo matrimonio, viene pizzicato in uno scandalo su finanziamenti strani per un suo libro. Risultato? Il GOP pur mantenendo la maggioranza alla Camera perde circa 10 seggi e Gingrich è costretto a dimettersi e a dire addio alla nomination nel 2000. Il passato di Gingrich riemerge e molti nel campo conservatore avvertono che Gingrich è ineleggibile. Ora che pure Gingrich entra in crisi è finalmente giunta l’ora di Ron Paul? L’arzillo deputato texano sta rubando il “momentum” a Gingrich e vola verso la testa nell’Iowa. Ron Paul però presenta diverse criticità. Nei confronti con Obama l’arzillo vecchietto texano se la cava abbastanza bene. PPP, sondaggista di fiducia dell’asinello, lo da a 6 punti dal presidente uscente e tra i repubblicani solo Romney fa meglio di lui (staccato di tre punti). L’arzillo vecchietto va benissimo tra gli elettori indipendenti dove stacca Obama di ben 9 punti, ma risulta prendere “solo” il 69% dei voti tra i repubblicani, meno pure di Rick Perry e Michelle Bachmann che però pagano un distacco in doppia cifra dal presidente uscente sia nel computo globale che tra gli indipendenti. Ron Paul fa meglio anche di Romney tra gli elettori non affiliati, ma i repubblicani lo guardano con scetticismo. Le criticità di Ron Paul tra gli elettori conservatori coincidono con i suoi punti di forza tra gli indipendenti. In sostanza Ron Paul si è sempre distinto come il “grillo parlante” del GOP nell’era Bush, opponendosi alla guerra in Iraq sin dall’inizio, votando costantemente contro il “Patriot ACT” e chiedendo a ripetizione il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e dagli altri teatri di guerra. I neoconservatori lo detestano e difatti i loro media continuano a bollare Ron Paul come ineleggibile, quando qualsiasi persona intellettualmente onesta e dotata di un cervello pensante (3), capirebbe che per riuscire a vincere il GOP dovrebbe candidare una persona che sia quanto di più lontano possibile da Bush in politica estera ed in politica economica e l’unico che corrisponde a questo identikit nella field del GOP è proprio Ron Paul (4). Ad oggi la mia impressione è che, in un modo o nell’altro alla fine Robocop-Romney riuscirà a farcela (5) e volente o nolente l’elettorato del GOP manderà giù l’amaro e indigesto boccone. Ron Paul oggettivamente ha una base elettorale estremamente organizzata, e una vittoria nell’Iowa potrebbe aiutarlo, ma negli stati “pesanti” il suo consenso non è grandissimo e neppure un effetto positivo dovuto a buone performances in Iowa e New Hampshire potrebbe trainarlo alla vittoria in stati “pesanti”. Sicuramente l’arzillo vecchietto si toglierà parecchie soddisfazioni e si porterà a casa un pacchetto molto più consistene del 6% scarso conquistato quattro anni fa, magari anche vincendo qualche stato. Per quanto riguarda la triade Gingrich-Perry-Bachmann alla fine continueranno a mangiarsi i voti a vicenda e proprio questa divisione tra i tre dovrebbe portare alla vittoria dell’indigesto Romney. L’esito è estremamente incerto e, se non fosse che da questa field dovrebbe uscire un candidato alla presidenza della superpotenza a stelle e strisce, sarebbe pure divertente seguire le montagne russe di questa tornata di primarie. Vista l’altalena e il calendario estremamente diluito probabilmente bisognerà attendere almeno fino ad aprile per conoscere il nome dello sfidante di Barack Obama, o meglio, se continua di questo passo Romney dovrà attendere fino ad aprile per quella che, ad oggi, sembra una designazione tanto indigesta quanto scontata e priva di reali e concrete alternative.
Giovanni
(1) Per dirne una, alle ultime è riuscito a vincere le generali prendendo meno di McCain e ottenendo il 51% alle primarie repubblicane sventando di un soffio il ballottaggio. Cioè, da uscente a momenti perdeva le primarie e ha fatto anche peggio del fossile. Bastava questo per capire che era un idiota, ovvero bastava non farsi impressionare dalla tre elezioni consecutive e guardare più in profondità per capire come sono avvenute queste elezioni senza fermarsi alla superficie dei numeri per comprendere come non fosse ‘sto gran candidato.
(2) Se Herman Cain fosse un democratico i media mainstream avrebbero urlato al “razzismo contro un candidato nero”. Siccome Cain è un repubblicano allora il ritornello del “razzismo contro un candidato nero” non parte.
(3) Una persona intellettualmente onesta e dotata di cervello pensante, quindi non un neo-con
(4) Non fatevi ingannare dall’etichetta di “moderato” affibiata a Robocop-Romney. Romney è diverso da Bush solo sulla sanità e sulla bioetica dove ha un approccio più soft. Per il resto, esteri ed economia, è uguale al cespuglio. Difatti la bibbia dei neo-con, la “National Review” per lui va in brodo di giuggiole
(5) Per poi perdere contro Obama di 2-3 punti a novembre