GOP e PS la mancata voglia di rischiare non fa bene

Loro ridono, e visti i loro sgangherati e patetici oppositori fanno bene
Francia e Stati Uniti, due paesi potenti, con grande storia e profondamente diversi tra loro si avviano alle urne. Le condizioni economiche si ambo i paesi sono estremamente critiche. Sulla Francia pende la minaccia della perdita della  “Tripla A” da parte delle tre parche del rating. La crisi economica poi morde anche Parigi e le banche francesi, oltre ad avere conti piuttosto disastrati, sono piene di titoli ellenici, lusitani, irlandesi, spagnoli e ovviamente italiani. La disoccupazione è ormai al 9%, il debito pubblico sopra l’80% del PIL, il differenziale coi bund ormai a 200 punti. In più il presidente Sarkozy è assolutamente impopolare. Pure i sondaggisti più favorevoli danno il gradimento di Sarkò sotto il 40% e questo da ben prima che cominciasse la crisi dell’autunno 2008. Quale condizione migliore per una vittoria dell’opposizione? E’ vero che il Parti Socialiste è la “machine à perdre” per antonomasia però insomma, perdere in queste condizioni sarebbe da guinnes dei primati. Il “Parti Socialiste” ha però selezionato un candidato estremamente scadente: François Hollande. Sì, lo stesso François Hollande che fino a non molto tempo fa era ricordato come il peggior segretario che i socialisti francesi avessero mai avuto. Eppure il Parti Socialiste l’uomo giusto ce l’aveva. No, non sto parlando del banchiere Strauss-Kahn che invece era il miglior regalo possibile per Sarkozy . No, sto parlando del terzo uomo, il terzo classificato alle primarie socialiste Arnaud de Montebourg. Giovane, telegenico e fuori dagli schemi. Il deputato di Saone et Loire era l’uomo giusto.
No dico, poi con questo le 18enni andavano in brodo di giuggiole

 

In un periodo in cui il sistema bancario sta mettendo in crisi il mondo intero, e non pago dello sfascio creato pretende di sostituirsi alla politica e di salire in cattedra e dare lezioni, chi meglio del candidato no-global poteva rappresentare una vera alternativa? Arnaud Montebourg nel suo programma alle primarie proponeva protezionismo, messa sotto tutela statale delle banche questuanti e lotta feroce alla delocalizzazione. Un nazionalismo di sinistra potremmo dire. Ecco, in un paese fortemente nazionalista come la Francia, la risposta giusta a Sarkozy era un candidato nazionalista di sinistra come Montebourg. Invece no, alle primarie il PS è andato a scegliere di nuovo un elefante, e che elefante. L’elefante che ha guidato il partito a due delle più clamorose sconfitte della sua storia e che quando ha lasciato Rue Solferino ha lasciato un cumulo di macerie. Basti pensare al disastro del Congresso di Reims, con la guerra delle due dame che per poco non è finita in tribunale, a testimoniare cos’era il Parti Socialiste di Hollande. Un covo di serpi senza una linea e senza idee. Insomma, sarebbe come se il PD per tornare a vincere le elezioni in Italia si affidasse nuovamente a colui che l’ha sfasciato, ovvero Veltroni. Certo, Sarkò è odiato, ma Hollande nelle intenzioni di voto al primo turno viaggia addirittura dietro Ségolène Royal. A dicembre 2006 Ségolène era oltre il 30% Hollande a dicembre 2011 viaggia sul 28%. Insomma, pure dietro la più scadente candidata socialista di tutti i tempi, non proprio un paragone lusinghiero. Al ballottaggio l’anti-sarkosismo comincia a non bastare più, e infatti IFOP avverte che ormai Sarkò, ancora non candidato ufficialmente, è arrivato al 46% contro il 54%. Dalle primarie Sarkò, ancora non candidato ufficialmente, ha già recuperato quindi ben 6 punti nelle intenzioni al secondo turno. Montebourg era un rischio, principalmente perché ancora poco conosciuto al grande pubblico, ma la sua piattaforma era innovativa e ambiziosa e dava risposte contro-corrente alla crisi economica. Invece no, i socialisti hanno voluto puntare sul cocco dei media, hanno voluto ascoltare sondaggisti e giornalisti ed eccola di nuovo, la perfetta “machine à perdre” pronta a partire per l’ennesima batosta.

Passiamo agli Stati Uniti. Anche qui la situazione non è delle migliori. Il rapporto debito-PIL è ormai a tre cifre, il deficit in doppia cifra, la disoccupazione “ufficiale” sfiora il 9%, quasi 50 milioni di americani campano coi food stamps, la “tripla A” è già andata, le banche sono poco esposte sui debiti europei ma hanno emesso quantità industriali di credit default swaps sui PIIGS e le spese militari sono alle stelle. Barack Obama era stato eletto con essenzialmente due promesse. Obama prometteva in politica economica di mettere la museruola a Wall Street e prometteva una politica estera meno aggressiva e in ambo i campi ha tradito la promessa. Nel suo staff Obama si è circondato di adepti di Wall Street, a partire dal ministro del tesoro Tim Geithner allievo prediletto e vice di Robert Rubin e Lawrence Summers, i ministri del tesoro di Clinton, quelli con cui cominciò la truffa dei subprime. Il primo provvedimento di Obama? Il salvataggio delle banche di Wall Street a corto di liquidità. Una ricapitalizzazione che però non ha portato a una più completa nazionalizzazione. Insomma, Obama ha risanato i conti delle banche coi soldi del contribuente a titolo gratuito senza pretendere nulla in cambio. In politica estera s’è circondato fin dall’inizio di provetti falchi liberal. Vice presidente Joe Biden, segretario di stato Hillary Clinton, capo dello staff presidenziale Rahm Emanuel, tutti “falchi” del partito democratico che votarono a favore della guerra in Iraq.  E infatti Obama bombarda a più non posso e spende a più non posso per l’esercito. Le spese militari ormai sono ai massimi dal ’92 e arrivano al 5% del PIL, mentre gli Stati Uniti sono sempre più impegnati a esportare democrazia a suon di bombe umanitarie e intelligenti, l’unica differenza è che invece che sorbirci gli sproloqui imperiali e anti-ONU dei neo-con dobbiamo sorbirci gli sproloqui finto-umanitari e pro-ONU di Samantha Power e degli interventisti liberal. E chi gli manderà contro il GOP? A meno che non spunti una torma di ragazzini dodicenni ad accusarlo di stupro sodomitico seriale, lo sfidante di Barack Obama sarà Mitt Romney. Un milionario mormone frigido, già amministratore di “Bain Capital” una nota società finanziario-speculatrice. Insomma, un uomo di Wall Street, tra l’altro dallo stile robotico, senza un briciolo di carisma e con l’abitudine di cambiare opinione su ogni tema ad ogni soffio di vento. Eppure anche qui ci sarebbe un candidato ideale. Come abbiamo scritto sopra Obama ha vinto promettendo discontinuità con l’amministrazione repubblicana su due punti, ovvero promettendo una politica economica meno vicina agli interessi di Wall Street e una politica estera meno aggressiva, in ambo i campi però questa discontinuità non s’è vista. E l’hanno notato diversi suoi sostenitori. La delusione per Obama è tale che pure Hollywood lo sta scaricando. Avete visto “Le Idi di Marzo” di George Clooney? Per chi non l’avesse vitso beh, per farla breve è un sonoro schiaffo in faccia a Obama da parte di Hollywood. Insomma, pure il fortino liberal di Hollywood sta voltando le spalle al suo ex idolo. E chi nel Partito Repubblicano può riuscire a dare agli elettori della sinistra quello che chiedevano ad Obama a novembre 2008? Chi promette di riportare tutte le truppe a casa? Chi si batte per degli Stati Uniti definitivamente neutrali sul modello elvetico? Chi promette di smantellare il giocattolino preferito da Wall Street, cioè la Fed? Chi promette di sfasciare il WTO e l’FMI?

Fed, guerre, Patriot Act, NAFTA, tutto a mare ma solo con Ron Paul!

Chi promette questo è Ron Paul. Sissignori, Ron Paul è l’uomo che può dare una casa ai tanti delusi di Obama. E non lo dico io, lo dicono i sondaggi. Nei confronti con Obama il doctor No se la cava abbastanza bene. Molto meglio dei vari Gingrich, Perry e Santorum. Ma il dato più interessante emerge guardando gli internals dei sondaggi e gli exit poll di Iowa e New Hampshire e scopriamo che il “doctor No” va alla grande in due categorie

-Gli under 30
-Gli elettori indipendenti
Parliamo di due categorie che nel 2008 furono decisive per la vittoria di Barack Obama. Tra gli under 30 Obama ottenne il 66% dei suffragi, mentre staccò McCain di otto punti tra gli elettori indipendenti. Ron Paul va alla grande proprio in queste due categorie, due categorie molto disilluse nei confronti del presidente. Già alle elezioni di mid-term in queste due categorie i democratici mostravano cedimenti importanti. Tra gli indipendenti i repubblicani vincevano di 20 punti, mentre tra gli under 30 i democratici registravano un calo di 11 punti rispetto al 2008. Perché Ron Paul non va come Romney nei sondaggi contro Obama? Per due motivi essenzialmente
1-Nei confronti Obama-Paul c’è un maggior numero di indecisi, dovuto alla minor fama di Paul
2-Ron Paul non convince gli elettori repubblicani e registra performances non convincenti proprio in quel segmento
Ambo i problemi sono però perfettamente sormontabili in una campagna elettorale. Contrariamente a quanto dicono analisti e compagnia danzante quindi Ron Paul è perfettamente eleggibile. Molto più eleggibile dei vari Perry-Gingrich-Santorum e forse lo è pure più di Romney.  Basterebbe avere un po’ di sale in zucca e di onestà intellettuale per capirlo, ma evidentemente i repubblicani difettano di ambo le cose.
In sostanza, per tornare al parallelo iniziale Francia e Stati Uniti sarebbero perfettamente pronti a mandare a casa i rispettivi comandanti in capo. Comandanti in capo eletti sull’onda di grande entusiasmo e speranza, ma che poi si sono rivelati cocenti delusioni per i rispettivi elettorati. In ambo i casi però gli oppositori non sembrano in grado di scalzarli. O meglio socialisti e repubblicani non sembrano avere la volontà di scalzare due capi di stato all’apparenza deboli e vulnerabili nell’urna. Entrambe avevano la risposta giusta, Montebourg per i socialisti e Paul per i repubblicani, ma per far contenti i poteri forti, la finanza e i media si sono rivolti a Hollande e Romney (salvo clamorosi imprevisti). Forse a dicembre rileggerete questo pezzo e io sarò smentito dai fatti. Magari a dicembre Obama e Sarkozy saranno stati effettivamente scalzati e i  nuovi capi di stato di Francia e Stati Uniti saranno Mitt Romney e François Hollande e io avrò sbagliato tutto ma ad oggi la mia impressione è che a repubblicani e socialisti sia mancata la voglia di rischiare, quella volontà che è alla base di tutto, e che la mancanza di una rottura netta e chiara, rottura che le candidature di Ron Paul e Arnaud Montebourg avrebbero profondamente segnato, costerà caro nel segreto dell’urna.
Giovanni
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