Ma sul serio è riaperta la questione?

In Sud Carolina Newt Gingrich ha stravinto, e su questo non c’è dubbio, ma sul serio basta questa vittoria per riaprire la questione? L’orientamento del sottoscritto è, perlomeno dal tracollo di Rick Perry a settembre, che, piaccia o non piaccia (e vi assicuro che al sottoscritto non piace per nulla), alla fine sarà Mitt Romney il candidato repubblicano. Mitt Romney non piace allo zoccolo duro del partito repubblicano, e questo lo sappiamo da sempre, tant’è che han preso in considerazione pure Michelle Bachmann ed Herman Cain pur di trovargli un rivale. L’ex governatore del Massachusetts è entrato in crisi sul suo tallone d’Achille, il suo lavoro a Bain Capital e la sua connessione a Wall Street. Ora i nuovi sondaggi sulla Florida segnano un’inversione in favore di Newt Gingrich. L’ex presidente della camera prima della vittoria in Sud Carolina pagava un distacco di quasi 20 punti da Romney, ora nei primi sondaggi post-Sud Carolina la situazione si è completamente invertita e Gingrich conduce con quasi 10 punti su Romney. Ma sul serio possiamo dire che Gingrich possa riaprire la questione? La Florida è uno stato estremamente dispendioso e ha un elettorato abbastanza differente rispetto a quello della Sud Carolina. Per competere in uno stato del genere c’è bisogno di soldi, tanti soldi che Gingrich in questo momento non ha. Mettiamo anche che Newt Gingrich riesca a resistere ai prevedibili attacchi di Romney in Florida (è già partita la campagna sul lavoro di Gingrich per Freddie Mac) e ad ottenere così la vittoria nel più importante stato pre-Super Tuesday, tra la Florida e il Super-Tuesday ci sono sette stati, in sequenza: Nevada; Maine; Colorado; Minnesota; Arizona e Michigan. Cinque di questi stati sono stati vinti con nonchalance da Romney già nel 2008 (Nevada; Maine; Colorado; Michigan e Minnesota) e nulla lascia presagire un ribaltone dei valori del 2008. Negli altri due  invece Romey ha perso ma


-In Arizona è giunto secondo dietro a McCain, stato di cui McCain è senatore dal lontano 1986 e che questa volta appoggia proprio lui


-Nello stato di Washington Romney era giunto come ritirato già da tre giorni, aveva comunque raggranellato un onorevole 16% e lo stato è, a livello sociale e demografico, l’ideale per candidati come Romney


Insomma, tra Florida e Super-Tuesday ci sono ben sette stati, tra cui alcuni piuttosto pesanti come Arizona e Michigan, in cui Romney parte come favorito. Insomma, Romney si presenterebbe al Super-Tuesday con ben sette vittorie consecutive in cascina. A meno che il nostro beniamino Ron Paul non faccia il miracolo in Minnesota, l’unico tra questi sette stati in cui Romney può avere delle noie è l’Arizona. Anche nel caso comunque sarebbero sei vittorie negli ultimi sette stati. Insomma, anche una sconfitta in Florida per il sottoscritto potrebbe non riaprire i giochi. Il calendario sembra disegnato apposta per favorire Mitt Romney e portarlo al Super-Tuesday del prossimo 6 marzo con un pacchetto di delegati e stati vinti tale da farlo veramente sembrare come già vincitore. E anche allo stesso “Super-Tuesday”, che quest’anno è decisamente meno “Super” del solito, comunque Romney è favorito in maniera proibitiva in cinque dei nove stati e se la gioca in tre dei restanti quattro (parte perdente solo in Georgia, lo stato che Gingrich ha rappresentato alla camera bassa per vent’anni). Insomma, da quando Rick Perry è miseramente crollato a settembre sotto i colpi della sua incompetenza il sottoscritto continua a cercare scenari che non vedano Romney vincente e purtroppo non riesce a trovarli. Non c’è nulla da fare, continuo a non vedere uno scenario in cui Romney non riesca a raggiungere la nomination, anche nel caso perda in Florida. Certo, la distribuzione dei delegati sicuramente allungherà il processo, ma nei miei personali calcoli lo scenario più pessimista per Romney vede la sua vittoria inevitabile in almeno 28 stati su 50 tra cui almeno cinque dei dieci più popolati. Inoltre in due stati piuttosto pesanti come Virginia e Missouri, che insieme mettono 101 delegati sul piatto, il nome di Newt Gingrich non sarà nemmeno presente sulla scheda non avendo Gingrich raccolto le firme necessarie per presenziare e questo la dice lunga sull’organizzazione praticamente nulla della sua campagna elettorale. Comunque, in ogni caso, più che sul candidato repubblicano l’elezione si giocherà su Obama e sul suo operato. Un operato che lascia 50 milioni di americani campare con i sussidi del governo mentre Obama spendeva 1 miliardo e mezzo di dollari per fare l’avventuriero in Libia e risanava a titolo gratuito le disastrate casse delle banche statunitensi. Obama ha poco o nulla da rivendicare come risultati concreti durante il suo primo mandato e dovrà giocare tutto sulla paura nei confronti del suo avversario. Nel 2008 Obama parlava di “Hope vs. Fear” accusando McCain e la Palin di giocare la carta della paura contro la speranza che lui sosteneva di incarnare. Ora sarà lui a dover giocare la carta della paura, dato che se giocasse sulla speranza risulterebbe francamente ridicolo. Sta ai repubblicani opporre alla paura una speranza, speranza che per il sottoscritto non può essere rappresentata ne dall’androide surgelato Romney e meno ancora da quel Newt Gingrich che, a parole è un “duro e puro” ma che nei fatti ha fatto passare le peggiori porcherie dell’amministrazione Clinton (NAFTA; WTO; Subprime; abrogazione del Glass-Steagall etc.). In ogni caso comunque Obama è probabilmente l’uscente più vulnerabile dai tempi di Jimmy Carter.


Giovanni

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