Giuseppe Sandro Mela.
«Si apre a Pechino la riunione plenaria del Congresso Nazionale del Popolo, e uno dei primi annunci riguarda il budget militare per l’anno in corso: più 11.2%, ovvero le spese militari cinesi arriveranno a 110 miliardi di dollari (670 miliardi di yuan, la valuta locale).» Così riferisce La Stampa.
Questo annuncio ufficiale non desta sorpresa, visto che la Cina ha incrementato costantemente nel tempo le sue spese militari. Questo dato tuttavia non esprime la globalità degli stanziamenti militari, perché molte voci compaiono nelle pieghe del bilancio riportate come spese civili: per esempio, quelle aerospaziali, nucleari, e per telecomunicazioni in senso lato. Inoltre molte formazioni delle forze dell’ordine, messe a bilancio nel corrispondente del Ministero degli Interni, hanno addestramento ed armamenti tipicamente militari operativi. Le stime degli investimenti militari totali variano dai 150 ai 300 miliardi di dollari, che sembrerebbero verosimile collocarsi attorno ai 200 miliardi di dollari americani.
E’ una dotazione di tutto rispetto per una potenza loco-regionale, che sembrerebbe sottendere un desiderio strategico di emergere come potenza globale.
Di questi giorni si fa un gran vociare di nuovi consistenti upgrade degli armamenti cinesi. Ne segnaliamo due.
Kommersant ha riportato che la Russia starebbe per vendere alla Cina 48 Su-35, cacciabombardiere multiruolo, per circa 4 miliardi di dollari americani e suggerisce che potrebbe anche essere passata un parte non irrilevante di tecnologia. La notizia è stata confermata da Diplomat, che suggerisce il desiderio cinese di acquisire tecnologia per la progettazione e costruzione di motori adeguatamente potenti. Si vocifera infatti che almeno un prototipo del cinese J-20 usi motori comprati in Russia. Tuttavia questa notizia appare contrastata. Altre fonti indicano come i cinesi volentieri assegnino la stessa sigla a progetti differenti, causando notevole confusione, e che sarebbero già riusciti da dotare una seconda serie di J-20 di adeguati motori di loro produzione.
Sempre Diplomat riporta che la Cina si sarebbe dotata del missile balistico antinave DF-21D, che l’intelligence americana considererebbe già in fase IOC (Initial Operating Capability). Si noti che, anche in questo caso, con la stessa sigla i cinesi identificano due differenti tipi d’arma. Alcune fonti suggerirebbero che questo tipo d’arma sia stato messo a punto tenendo conto del problema cinese nei confronti di Taiwan, anche se la sua portata, stimabile attorno ai circa 2,000 km, dovrebbe poter coprire un teatro decisamente più vasto.
Analizzato in un contesto di più ampio respiro, questo incremento dei progetti militari cinesi dovrebbe essere anche inquadrato nella necessità dell’industria sinica di compiere ulteriori progressi tecnologici specifici, dai quali sono da attendersi numerose ricadute nell’uso civile del know-how acquisito.
gsm