NDG Con l’appropinquarsi delle elezioni presidenziali americane intendo fare un percorso riguardo uno dei temi che più hanno segnato la geografia elettorale e la demografia partitica nel corso del secolo scorso, ovvero la questione della segregazione. Una questione che si può considerare chiusa al giorno d’oggi, ma che risulta fondamentale per comprendere l’evoluzione dei rapporti di forza tra repubblicani e democratici a livello geografico. Buona lettura
Anno Domini 1865 Stati Uniti d’America. La schiavitù è morta, si dice. Finita la Guerra di Secessione il Congresso ratifica definitivamente il XIII Emendamento ponendo fine alla pratica servile. Su una popolazione di 40 milioni di individui gli afroamericani rappresentavano un totale di 5 milioni. Non tutti erano sottoposti alla condizione servile. Circa mezzo milione di afroamericani abitava negli stati del Nord, stati in cui la schiavitù era abolita, e anche nel sud circa 300mila schiavi erano stati affrancati uscendo così dalla condizione servile prima della guerra civile. La questione della schiavitù riguardava la maggioranza della popolazione di colore, ma non la totalità della stessa. Esisteva quindi prima ancora dell’emancipazione una quota minoritaria di afroamericani dotati di diritti politici. Dall’altro lato l’affrancamento degli schiavi comportò problemi pure per gli stessi afroamericani.
Prima dell’emancipazione difatti i padroni dovevano comunque garantire vitto e alloggio ai loro sottoposti, finita questa condizione essi non erano più tenuti a fornire agli ex schiavi vitto e alloggio. Il governo federale dominato dai repubblicani tenta di aiutare gli ex schiavi, creando il “Freedmen’s Bureau” il cui compito era fornire agli afroamericani cibo, alloggio, istruzione e assistenza sanitaria (ma non ditelo ai TEA Party).
La reazione dei democratici del sud non si fa attendere. Iniziano ad essere emanati i primi “Black Codes”, i provvedimenti discriminatori per i neri. Tra questi la privazione del diritto di voto, il divieto di matrimoni misti e la differenza di pena a parità di reato per i neri. Ironia della sorte spesso i carcerati di colore si trovavano ad essere venduti a padroni bianchi e privi di salario. Nel 1866 si costituiva il Ku Klux Klan, fondato da un ex generale confederato. Il KKK, la più celebre e temuta organizzazione razzista, diventerà de facto il braccio armato del partito democratico al sud. Una vera e propria organizzazione paramilitare con lo scopo di riportare i neri al suo posto e di distruggere il partito repubblicano locale. Ciliegina sulla torta la terrificante pratica dei linciaggi riservata ai colpevoli di stupro di etnia afroamericana. Non vi sono stime precise al riguardo, ma si parla di circa 3.000 linciaggi subiti dalla popolazione di colore tra il 1.880 e il 1.930 (1). Secondo la giornalista di colore Ida Wells, che tra fine ‘800 e inizio ‘900, tenterà di sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale sul tema solo un terzo dei linciati era effettivamente colpevole o accusato di stupro (2).
Insomma, se prima quantomeno bianchi e neri erano costretti ad avere relazioni interpersonali a causa della condizione servile di questi ultimi e se i padroni bianchi erano costretti a dare vitto e alloggio ai propri servitori ora invece i neri venivano costretti in una condizione che per certi versi era pure peggiore. Discriminati, linciati, privati dei loro diritti politici, segregati fisicamente e privati pure della minima dignità concessa dalla precedente situazione.
Il Congresso tenta di reagire, ma il presidente Johnson pone il veto. Andrew Johnson, un ex senatore democratico sudista che non appoggiò la secessione e che per questo venne premiato da Lincoln con la vicepresidenza, si giustificò dietro i “diritti degli stati” per bloccare le iniziative del Congresso. I repubblicani alle elezioni di metà mandato del 1866 ottennero comunque maggioranze tali da riportare l’inquilino della Casa Bianca a più miti consigli. Nel 1868 si aprì una procedura di impeachment nei confronti del presidente. La procedura fallì per un solo voto, ma nonostante il fallimento contribuì a riportare Johnson a più miti consigli e indurlo a non ostacolare l’attività del Congresso sulla tematica degli afroamericani.
Venne quindi adottato il XIV Emendamento alla costituzione che bloccò il divieto di voto per gli afroamericani, i Force Acts che stabilirono la supervisione federale sulle procedure elettorali, il Ku Klux Klan act che mise fuori legge la famigerata organizzazione e sospese l’habeas corpus per i suoi membri e il Civil Rights Act che vietò la segregazione nei luoghi pubblici.
La supervisione federale delle elezioni aiutò parecchio l’esercizio del voto della comunità di colore che tra il 1868 e il 1876 vide molti suoi esponenti eletti al Congresso, tutti eletti in rappresentanza dei colori repubblicani. In quegli otto anni varcarono le porte del parlamento federale ben 16 afroamericani, 14 deputati e addirittura 2 senatori eletti nel Mississippi. La pacchia, garantita dall’esercito federale però durò poco, ma per questo appuntamento alla prossima puntata.
Giovanni
(1) W.F. Brundage “Lynching in The New South: Georgia and Virginia 1880-1930”
(2) La Wells nella sua battaglia contro questa pratica documenterà diversi casi di afroamericani linciati per futili motivi.