La République insegna: come fare le campagne elettorali

Le Elezioni Presidenziali Francesi si avvicinano sempre più, il primo turno è praticamente a un passo e i ballottaggi promettono una sfida ancora più forte. Una sfida che ha visto sul terreno di gioco diversi contendenti di diverse fazioni, e in primis François Hollande il socialista, e Nicolas Sarkozy, l’uscente del centro-destra dell’UMP. Una lotta intensa, che, soprattutto per chi l’ha vissuta “alive”, ha mostrato notevoli differenze concernenti le modalità della campagna elettorale francese, almeno per queste elezioni, e le campagne elettorali italiane che abbiamo visto da alcuni anni a questa parte. Il risultato? Sconcerto e ancora più disgusto per la partitica nostrana, ma al contempo passione rinnovata per una politica che, almeno a parole e nella sua presentazione (i fatti sono ben altro), si mostra come veramente tale.
I Comizi pubblici: la prima grande, enorme differenza sta nell’utilizzo del comizio, comizio pubblico, aperto, non svolto in un forum di fan compiacenti ma in pubbliche piazze, come si faceva all’epoca della prima democrazia, quella greca. Hollande a Chateau de Vincennes, Sarkozy a Place de la Concorde, Melenchon a Place de la Bastille, nessuno dei politici si è negato alla folla e ai propri elettori, né ha dovuto usare né una manifestazione come pretesto per farsi propaganda né un luogo chiuso. La tv politica si fa anche in Francia, certo. Ma non ci sono Porta a Porta e Ballarò che sostituiscono le piazze e i confronti diretti con gli elettori.
L’assenza pressoché totale di attacchi personali: a parte qualche piccolo screzio, come quello che c’è stato tra l’ecologista Eva Joly e Marine Le Pen, la campagna è stata certamente caratterizzata da attacchi molto duri, ma solo sul modo di fare politica. Hollande “veltronianamente” non nomina mai Sarkozy, ma, al contrario di Walter, non è per nulla moderato nei toni, contro colui che “ha diviso la Francia”. Al Segretario del PS è stato chiesto perché non mordere sull’affaire Bettencourt: Martine Aubry ha risposto che la fiducia nella giustizia non può portare altro che tacere e aspettare. Da noi è evidente che, per colpa dell’anomalia Berlusconi ma anche per l’incapacità di molti dei suoi avversari, le ultime campagne si sono fatte in gran parte contro o in salvezza di persone più che contro o in salvezza di idee politiche.
Very american style: questo non possiamo considerarlo un pregio. Eppure le bandierine con il nome, gli applausi, i palloncini, i pop corn ci fanno percepire questo.
Grande forza comunicativa dei candidati: questo è il fattore che colpisce più di ogni altro chi vede dal vivo certe cose. Visti in tv da noi in Italia, Sarkozy e Hollande possono sembrare personaggi politici come tanti altri. In realtà, entrambi hanno rispetto ai politici italiani una capacità comunicativa, una vèrve, una forza, una voce alta, ferma, un’autorevolezza, che da noi sono totalmente inesistenti. E per avere questa vèrve, non hanno nemmeno bisogno di urlare parolacce o di fare battute, come si fa da noi. Hollande era chiamato tra i suoi “il maialino rosa”, perché troppo pacato. Da noi sarebbe considerato “una vittima del berlusconismo”, perché essere forti e comunicativi non è qualcosa di sinistra. I candidati francesi sono anche molto bravi ad autopromuoversi con pubblicità video, con della musica che fa da sottofondo alle parole, che sicuramente fa effetto meno ridicolo delle nostre amabili canzoncine di partito.
Patriottismo spinto: il patriottismo c’è da tutte le parti, sinistra e destra. Certo, candidati estremi come la Le Pen che vuole introdurre il reato di “pregiudizio anti-francese” fanno capire i limiti del patriottismo esagerato. Però, bisogna dire che “Vive la France, Vive la République”, in Italia suonerebbe molto, molto fascista (Viva l’Italia Viva la Repubblica). Eppure, a sinistra lo dicono alla fine di ogni convegno, e ovviamente anche a destra. La retorica c’è tutta. Ma c’è anche una forza e un sentimento di comunione che uccide l’individualismo che da noi sono, e sono sempre stati, assenti.
– Affrontati anche temi europei e internazionali: per quanto non se ne parli mai abbastanza, nelle campagne francesi si parla molto dell’Europa e del suo ruolo (qui a parte la retorica filo-europeista o qualche borbottio sull'”Europa ladrona” si sente gran poco di serio e argomentato), nonché delle relazioni internazionali, anche questo argomento inesistente in Italia, se non per quanto riguarda qualcosa che ci tocca fortemente da vicino come la missione in Afghanistan.
Differenze tra Destra e Sinistra: anche questo stupefacente. Si pensava che la politica fosse tutta uguale, che i programmi fossero uguali, che tutti fossimo in realtà parte di un grande centro, un miscuglio di idee prese dalle varie parti. In Francia non è così, eppure molti accusano Hollande e Sarko di avere programmi simili. Saranno forse simili per loro, ma rispetto a quelli dei nostri partiti sono in realtà molto netti e differenti. Hollande che parla di “laicità dello Stato”, “fondi all’istruzione”, addirittura di “libertà di morire e matrimonio per tutti coloro che si amano” sono cose che manderebbero Bersani nel Girone dei Mangiabambini, nonché dei “Dannati dalla CEI”, per non parlare poi di quando poi dice “i mercati non sono sovrani, il popolo francese è sovrano”, “l’Europa dovrà ascoltare le nostre richieste, cambieremo i patti finora attuati, per esempio sul ruolo della BCE”, “vogliamo il ritiro dall’Afghanistan”. E Sarkozy non ha timore di parlare del mercato e delle conseguenze politiche dell’averci a che fare così com’è, secondo una visione di destra (destra più europeista di quello che si pensi).
La Francia ha i suoi grandi difetti, e se noi cadiamo loro ci seguiranno poco dopo. La spocchia, la retorica alla “Noi non siamo un Paese qualunque, Nous Sommes la France!!” dominano. Però, almeno sulle campagne elettorali, potremmo davvero imparare qualcosa. Probablement.
SigmaK
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