Cantiere Operativo: Proposta per Abbattere il Costo del Debito Pubblico Italiano (Proposta ETF ITALIA)

famiglia felice Cantiere Operativo: Proposta per Abbattere il Costo del Debito Pubblico Italiano (Proposta ETF ITALIA)
“diamo un futuro ai nostri figli”
Nota per i Lettori
Questa proposta fa parte di un ventaglio di idee per ridurre di 200 miliardi di Spesa Pubblica.    Nel presente post parleremo di spesa per interessi sul debito pubblico e lanceremo  un post di Proposta Operativa in tal senso; l’obiettivo non e’ fare un post per deliziare i lettori di Rischio Calcolato e Scenari Politici di una lettura, ma di avere da Voi feed backs e suggerimenti operativi, per cui vi chiedo di commentare il post in termini operativi, e non in termini di massimi sistemi.   
Premessa
La spesa pubblica è fatta anche di interessi sul debito, oggi l’interesse medio che lo stato Italiano paga sul suo enorme debito pubblico di 1.900 miliardi di euro è del 3,77% (Gli ultimi dati istat, aggiornati al I trimestre 2011 danno un 3,75% ma i potenti mezzi di Rischio Calcolato hanno fatto un ricalcolo ufficioso accurato al 99%). [ al riguardo vi prego di considerare questo articolo:    Quale è il tasso di Interesse effettivo Che l’Italia Paga sull’Intero Debito Pubblico? ]
 Su 1.900 miliardi fanno 71,44 mld di eruro di interessi  che vanno a pesare nel conto della spesa pubblica. Ebbene la proposta che vi vogliamo illustrare, vuole favorire l’abbassamento del costo del debito di almeno 100 punti base (1% del Debito Pubblico) ovvero 19mld di euro. La stima dei benefici in termini di minori interessi è prudenziale.
…il Giappone
Perché l’Italia oggi paga il 5.6% per un bond a 10 anni e il Giappone lo 0,97%? (tutto vero, un bond giapponese a 10 anni paga lo 0,97%!!!). In fondo il Giappone ha un deficit/Pil del 6% (l’Italia il 3,8%) e un rapporto debito/Pil del 198% (L’Italia il 120%). Quali sono le differenze:
1)  Il Giappone batte la sua moneta e la banca centrale monetizza parte del debito pubblico giapponese acquistandolo..
2)      I Giapponesi detengono oltre il 95% del loro debito pubblico
Mentre sul primo punto non si può agire se non dopo una bancarotta e il ritorno alla lira (o viceversa, il ritorno alla lira con una bancarotta mascherata da iperinflazione al 40%) , sul secondo punto c’è molto lavoro da fare e molto da guadagnare in termini di “spread” e tassi di interesse medi annuali pagati dallo stato sul suo debito pubblico.
Chi detiene e come è composto il debito pubblico Italiano?
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Il 44% del debito pubblico Italiano è in mani straniere principalmente banche, attori notoriamente poco sportivi e per nulla interessati all’interesse nazionale italiano.  Investitori che legittimamente pesano col bilancino rischi e rendimenti.
E’ necessario favorire il rientro in Italia la maggiore quota possibile di debito pubblico interno, lo si deve fare per diverse ragioni:
1)      Creare una più grande, solida e controllabile base di soggetti che comprano sul mercato secondario e rinnovano a scadenza il nostro debito di per se è un elemento che peserebbe moltissimo anche nel giudizio internazionale del merito di credito italiano.
2)      Maggiore è la quota di debito in mano a soggetti stranieri e minore è la reale sovranità nazionale italiana. Non sfugge che oggi l’Italia è sotto tutela tedesca e francese, a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali, nelle questioni che contano come guerre o acquisizioni di società strategiche italiane bisogna essere ben coscienti che le opzioni in mano a qualsiasi governo si restringono quanto più debito pubblico è in mano a soggetti esteri. (ogni riferimento a Libia, Edison e Parmalat non è affatto casuale)
3)      E’ preferibile che gli interessi generati dal debito pubblico italiano rimangano in Italia piuttosto che in mani straniere. Specie ove tali interessi siano superiori a quelli delle grandi nazioni con meno problemi di debito.
4)      Lo spread è una misura importante per determinare la forza relativa dei sistemi economici nazionali. Un azienda tedesca oggi fa concorrenza ad un’azienda italiana potendosi finanziare sul mercato con più di 3 punti percentuali in meno di tasso di interesse. Abbattre tassi di interesse e spread significa rendere immediatamente più competitivo l’intero sistema Italia.
5)      Le banche italiane, anche se tradizionalmente use ad un basso leverage sono naturalmente le più esposte al debito pubblico italiano. Abbassare il costo del debito significa anche stabilizzare il sistema finanziario italiano ed evitare eventuali futuri interventi pubbici in stile Irlanda, Spagna o Germania.
6)      Se il debito pubblico Italiano fosse interamente registrato in conti di banche Italiane sarebbe semplice proibire operazioni di vendita allo scoperto e di prestito titoli a soggetti esteri (per operazioni di vendita allo scoperto) sul nostro debito pubblico.
Proposte operative per fare tornare il debito pubblico interamente ina mani Italiane e realizzare un abbattimento dei tassi di interesse.
Proposta Operativa 1: Abbattimento al 10% del capital gain sui soli interessi  e sul capitale solo nel caso che il titolo acquistato sul mercato venga portato a scadenza. L’agevolazione è valida  per i soggetti residenti in Italia e che detengono debito pubblico in istituzioni finanziarie che operano sul territorio italiano (sotto il controllo diretto della Banca d’Italia

Costo stimato in termini di minori entrate da capital gain: circa 1,5/2 miliardi di euro l’anno di euro di minori entrate da capital gain.

Proposta Operativa 2: Istituzione per legge dello stato della fattispecie del conto titoli “Italia” sul quale possono essere depositati solo titoli del debito pubblico italiano e/o  ETF e/o fondi di investimento costituiti al 100% da titoli del debito pubblico italiano.
Il conto titoli “Italia” non avrà alcuna imposta di bollo e avrà un costo bancario calmierato attraverso una convenzione nazionale fatta con l’ABI vincolante per legge su tutte le banche che operano sul territorio. La proposta è quella di un costo forfettario di 6 euro all’anno.
Proposta Operativa 3: Poste Italiane (o altro soggetto controllato al 100% dallo stato) deve creare un ETF ITALIA negoziabile in borsa. Tale Etf avrà le seguenti caratteristiche:
a)      ETF ITALIA è un fondo passivo che replica attraverso un algoritmo pubblico l’esatta composizione dell’intero debito pubblico italiano. In altre parole la durata dei titoli di stato dentro ETF ITALIA sarà per composizione percentuale identica alla composizione del totale del debito pubblico italiano.
b)      ETF ITALIA ha costi di intermediazione pari alle fee richieste dal MOT e a una percentuale minima e resa pubblica per le transazioni sul mercato interbancari over the counter (dove purtroppo circola la maggior parte del nostro debito pubblico). I costi di gestione saranno pari allo 0,05% all’anno sul totale delle masse gestite con un limite posto a 100milioni di euro annui (si raggiungono quando ETF ITALIA arriva a gestire 20miliardi di euro).
c)       ETF ITALIA opera sul mercato secondario acquistando/vendendo titoli di stato italiani mano a mano che le quote vengono sottoscritte sul mercato. ETF ITALIA opera sul mercato primario dei titoli di stato rinnovando alle aste del tesoro il debito pubblico arrivato a scadenza.
Proposta Operativa 4: ETF ITALIA diventa la vera e più efficiente 3 gamba del sistema pensionistico Italiano ed entra in diretta concorrenza con i fondi pensione italiani (che hanno performance criminali) godendo dello stesso regime di agevolazioni fiscali sia per quanto riguarda il TFR che per le sottoscrizioni volontarie scaricabili dalle tasse. Questa misura ha anche lo scopo di rendere più concorrenziale il mercato dei fondi pensione italiani gestiti a costi altissimi e bassa efficienza dalle istituzioni finanziari italiane
Proposta Operativa 5: La quota di titoli di stato presenti sia nei fondi pensione che in ETF ITALIA usati in regime di pensione complementare integrativa  godono di totale esenzione fiscale sul capital gain (da 10% a zero)

Costo stimato in termini di minori entrate da capital gain: circa 0,5/1 miliardo di euro l’anno di euro di minori entrate da capital gain a regime.

Proposta Operativa 6: Qualsiasi soggetto che sottoscrive all’atto dell’emissione (attraverso la prenotazione presso un istituzione finanziaria) titoli del debito pubblico italiano e lo detiene fino a scadenza gode di totale esenzione da imposta sul capital gain. (con un meccanismo di recupero fiscale in caso di vendita anticipata. Es: sottoscrivo all’emissione un BTP a 10 anni e quindi non pago il capital gain sugli interessi. Se lo rivendo dopo 5, dovrò versare a titolo di imposta ciò che non ho pagato sugli interessi percepiti negli anni precedenti)
Costo stimato in termini di minori entrate da capital gain: circa 0,5/1 miliardo di euro l’anno di euro di minori entrate da capital gain a regime
Proposta Operativa 7: Tutti gli enti previdenziali pubblici italiani, su impulso della presidenza del consiglio dovranno redigere e attuare un piano di dismissione del patrimonio immobiliare che ha una rendita reale inferiore al tasso di rendimento medio dei titoli di stato italiani. Con il ricavato dovarnno essere acquistate quote di ETF ITALIA.
Conclusioni
L’insieme di queste misure porterebbe nel giro di al massimo 2 anni il rientro in Italia quasi totale del debito pubblico italiano. Bisogna ricordare che il patrimonio degli italiani è circa 7/8 volte il totale del debito pubblico.
Una stima molto prudenziale dei benefici in termini di minore tasso di interesse medio annuale sul debito pubblico italiano è di 100punti base (l’1%) a regime* con un risparmio di 19 miliardi all’anno a cui vanno sottratte le minori entrate da capital gain pari (con stima prudenziale) a 4 miliardi all’anno.
Il beneficio totale in termini di minore spesa pubblica è stimato quindi in 15 miliardi di euro a regime*. Mi permetto anche di fare notare che questa proposta ha anche il pregio di abbattere una parte della pressione fiscale a costo zero.
*a regime: le minori spese su interessi si realizzano mano a mano che il debito pubblico viene sostituito, la maggior parte del risparmio diretto si realizza in 7 anni. Bisogna anche tenere presenti i minori costi indiretti, ovvero il minore tasso di interesse applicato dal sistema bancario per i finaziamenti sulle spese intermedie che effettua la PA. Se cala in maniera strutturale lo spread con i paesi europei più solvibili, è tutto il sistema economico a beneficiarne.
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