Oro fisico. Pro e contro la tesaurizzazione.

Giuseppe Sandro Mela

oro Oro fisico. Pro e contro la tesaurizzazione. 

Con il deteriorarsi della situazione strutturale, economica, finanziaria e politica del’eurozona stanno diventando sempre più frequenti i dibattiti che cercano di chiarire se, come e quando il sistema andrebbe incontro a turbolenze e, nel caso, quali sarebbero le migliori precauzioni da prendere per cercare di limitare le perdite.

                In particolare, si é molto argomentato sull’opportunità o meno di costituirsi scorte auree, o, più in generale, di metalli preziosi.

                Lo spazio ristretto di un blog, l’urgenza e la severità della situazione, portano spesso gli Autori ad evidenziare aspetti degni del massimo interesse, ma in un certo senso decontestualizzati, e sostenuti da postulati dati per scontati. Questo porta inevitabilmente a far sembrare contrapposte prese di posizione che invece sembrerebbero essere complementari e sequenziali. Mi sembrerebbe quindi opportuno cercare di fare alcune puntualizzazioni che potrebbero aiutarci a capire meglio sia la situazione attuale sia l’essenza di quanto dibattuto.

                Tre fattori sono dati per scontati, ma non lo sembrerebbero poi più di tanto: il tempo, il timing e le circostanze.

                Il tempo, a sua volta, può essere concepito in molte diverse accezioni, dissimili ma complementari, la cui mancata chiarificazione può indurre a fraintendimenti anche gravi.

                1. Il primo modo di concepire il tempo é l’orizzonte entro cui si decide di operare.

                L’intraday trading si attua nel volgere di qualche ora, talora forse qualche giorno: é una visione a brevissimo termine che cerca di lucrare su piccole variazioni di quotazione di un titolo, indipendentemente dal suo trend su un lungo arco temporale. Si può quindi guadagnare anche su un qualcosa la cui quotazione sembrerebbe essere destinata a crollare sul lungo periodo. Per esempio, molti trader hanno ottenuti buoni guadagni approfittando dei rimbalzi tecnici delle azioni bancarie, che negli ultimi anni hanno visto il loro valore ridursi anche del 95% rispetto a cinque anni or sono.

                Il trading strategico si concentra invece sul trattare un titolo, oppure un bene, il cui valore sembrerebbe sì destinato ad apprezzarsi su tempi medio lunghi, ma che é stato acquisito per la sua solidità e rendimento: si privilegia in questo caso la sicurezza (vera o presunta) dell’investimento. In questa situazione l’orizzonte temporale é fissato in anni. Le variabili in gioco sono per lo più i fondamentali del titolo o del bene in oggetto, nonché quelli del contesto in cui tale oggetto è collocato in termini spazio-temporali.  Per esempio, le azioni di una grande società del settore energetico dovrebbero pur sempre essere di interesse e comparire dignitosamente in un monte titoli ben strutturato. In una certo senso, l’acquisto della casa ove si abita, ovvero l’istruzione data ai figli, rientrano negli investimenti strategici.

                E’ del tutto evidente quanto i differenti orizzonti temporali differiscano tra di essi sia nei fini ultimi sia nei mezzi che richiedono per essere perseguiti. Essi sono complementari, non antagonisti e soprattutto non dovrebbero essere confusi. Gli articoli che trattano questi argomenti dovrebbero enunciare in modo univoco l’orizzonte temporale che li sottende: talora ciò che parrebbe intuibile a chi scrive non lo è da parte del Lettore.

                2. Il secondo modo di concepire il tempo é il concetto insito nel termine “timig”.

                Il timing potrebbe essere definito come il tempismo in cui aprire o chiudere una posizione.

                Un qualsivoglia bene non ha un valore intrinseco di per sé stesso: lo acquista nel momento in cui é transato. Questa é la differenza tra Soros e la massa degli investitori. Soros compra e vende come tutti gli altri, ma compra a poco e vende a molto: quindi guadagna. Gli altri comprano a molto e vendono poco: quindi perdono. E’ il timing che determina il valore di un qualcosa, al di là di quello comunemente riferito come suo supposto “valore intrinseco”.

                Da questo punto di vista poco importa cosa di compra o si vende: l’obbiettivo é lucrare sulla differenza. Più un investitore è bravo e migliore é la sua sensibilità nell’intuire (o calcolare) il timing corretto.

                3. Le circostanze altro non sono che il contesto socio-politico ed economico in cui avviene, o dovrebbe avvenire, o sarebbe desiderabile avvenisse, la transazione. Spesso sono date per scontate, ma ancora più spesso proprio non lo sono, almeno per tutti.

                Una prima categoria di circostanze da considerare è la liquidità del titolo o del bene. Oggetti trattati fuori mercato ed in mercati a risposta torpida possono generare problemi anche severi al momento della vendita. Si noti anche che la liquidità non è un fatto costante nel tempo, né può essere data per scontata nel futuro. Durante l’ultima guerra il mercato dell’oro in Italia era considerato illegale, e quindi quel metallo poteva essere trattato soltanto al mercato nero, in cui non tutti sapevano districarsi.

                Una seconda categoria di circostanze riguarda la preparazione ad eventuali eventi catastrofici, improbabili ma pur sempre possibili. In un certo qual senso, un titolo od un bene é tesaurizzato anche in vista di un evento del genere.

                Usualmente si tende a sottovalutare la probabilità dell’evento catastrofico. Si pensi solo alle conseguenze di una patologia severa, quale per esempio un infarto miocardico oppure un ictus, un incidente automobilistico, etc. Quando ciò accade ci si rende immediatamente conto di quanto poco ci si è predisposti per fronteggiarlo. In quei frangenti servirebbe avere disponibile una liquidità sufficiente, avere una riserva strategica facilmente mobilizzabile, accessibile e convertibile in danaro, anche da parte di persone poco esperte, quali per esempio i parenti.

                Altri eventi catastrofici sono ascrivibili a fallimenti di situazioni ritenute fino al giorno prima essere granitiche. Si considerino i danni derivanti dall’aver investito in titoli Parmalat oppure Cirio.

                Occorrerebbe pianificare i propri investimenti ricordandosi sempre di mantenere una ragionevole scorta liquida, magari anche ripartita in valute ritenute essere “forti”. La carenza di cash è forse il più comune elemento che caratterizza i fallimenti.

                Vi sono infine delle circostanze catastrofiche la probabilità di esistenza delle quali varia nel tempo, e che quindi non possono né debbono essere valutate sempre con lo stesso metro. In questa sede ci riferiamo soprattutto al collasso di un sistema economico oppure al default di uno Stato. Questi non sono fatti improvvisi ed imprevedibili. Una situazione critica del debito sovrano oppure del sistema bancario si sviluppano lentamente nel tempo, anche se si manifestano in modo repentino. Una banca fallisce: chiude semplicemente gli sportelli ed i creditori, se mai riusciranno a recuperare qualcosa, lo riavranno molto dilazionato nel tempo. Il default di uno stato determina quasi invariabilmente una lunga catena di fallimenti e di tensioni sociali. Quasi non esistono default senza un’associata inflazione.

                Conclusioni.

                Alla luce di quanto abbiamo tratteggiato per sommi capi il problema se investire o meno in oro fisico si dimostra risolvibile in considerazione degli orizzonti operativi, dei timing e della preparazione ad eventuali eventi catastrofici.

                1. Per quanto riguarda l’usuale trading, è totalmente indifferente cosa si tratta, purché lo si acquisti a poco e lo si rivenda a molto: il bene trattato è solo il mezzo con cui raggiungere il fine del lucro. La liquidità del bene é forse la caratteristica più importante da tenere presente. Da questo punto di vista si dovrebbe ricordare che l’oro retail non ha un mercato ufficiale, la forbice bid/ask è molto elevata ed infine che il mercato è fortemente influenzato dai movimenti effettuati dagli istituzionali, che mobilitano alte quantità di metallo, ed è soggetto alle fluttuazioni dei cambi.

                2. Certamente, se l’orizzonte temporale si allunga al medio-lungo termine, nell’ambito di un trading strategico l’oro fisico può trovare una sua dignitosa collocazione. Anche un superficiale esame degli storici per potere di acquisto evidenzia una sua ragionevole rivalutazione nel tempo, pur con variazioni anche marcate. Queste variazioni tuttavia, di estremo interesse nel trading a breve, affliggono gli andamenti per periodi di lunghezza non significativa in rapporto all’arco di tempo considerato. Inoltre, si badi bene, gli obiettivi sono totalmente differenti e non debbono essere confusi. Qui stiamo parlando di accantonamento di riserve strategiche non particolarmente oneroso nel breve termine. Un esempio per tutti è l’abitudine tutta genovese di comprarsi qualche sterlina d’oro ogni mese: nel volgere di vent’anni si è accumulato un discreto capitaletto, facilmente trasportabile ed usualmente altrettanto facilmente smobilizzabile secondo convenienza. Diciamo così, una sorta di buonuscita nelle evenienze liete, una assicurazione in quelle meno liete.

                3. Se guardiamo invece nell’ottica di come gestire un evento catastrofico, spesso più probabile di quanto ci si possa aspettare, allora il problema si configura non più nell’ottica del guadagno atteso, bensì in quella della pura e semplice sopravvivenza: cosa che non ha prezzo. Solo uno sprovvido non cerca di tutelarsi da questa categoria di eventi. In linea generale, una liquidità che consenta di sopravvivere per circa due anni in base al proprio tenore di vita dovrebbe essere sufficiente per superare i momenti di crisi e turbolenze, durante le quali l’accesso alle banche o la stessa mobilità fossero inibite. Ed una certa quota di cash in cassaforte non sarebbe una cattiva idea, e forse anche meglio se ripartita in diverse valute forti. In quest’ottica la disponibilità di oro fisico a proprie mani potrebbe essere di non indifferente utilità, specie se tesaurizzato sotto forma di monetato ad ampia circolazione, quale, per esempio, le sterline d’oro. Da questo punto di vista é quasi ininfluente il prezzo pagato per acquisire l’oro fisico: il problema é averlo o non averlo.Ed averlo é mandatorio, perché nulla si può predire sul futuro potere di acquisto della valuta principalmente detenuta.

                4. Del tutto diversa è invece la corretta preparazione agli eventi catastrofici bellici e socio-economici che sono ragionevolmente prevedibili con un certo quale lasso di tempo di anticipo. Uno Stato non dichiara default dall’oggi al domani e, si ricordi, ogni default è sempre accompagnato da grandi tensioni sociali e dalla recrudescenza della microcriminalità. Circostanza in cui l’essere ricco o, peggio, l’essere reputato essere tale, può diventare capo di accusa e causa di aggressioni violente. E’ evidente che il problema si configura come mera sopravvivenza in una circostanza in cui ogni operatività é bloccata o strettamente sorvegliata. Più aumenta la probabilità di un simile evento, più prudenza suggerirebbe di aumentare le scorte liquide, soprattutto banconote in cassaforte: ma in una evenienza di tal tipo la disponibilità di oro fisico nelle proprie mani può costituire sia via di salvezza sia il modo di conservare il valore dei propri risparmi. In frangenti di tal tipo una ragionevole partecipazione in una piccola azienda agricola non sembrerebbe proprio un’idea pellegrina. Si tenga inoltre presente che l’oro si rivaluta, mentre il danaro potrebbe svilirsi, ed anche di molto.

                Valutando il problema dell’oro fisico da questi punti di vista, dovrebbe essere diventato chiaro che le differenti valutazioni, peraltro molto ben condotte, sono principalmente sottese da una differente stima della probabilità di eventi catastrofici legati al crollo dell’eurozona ed all’eventuale default, totale o ristrutturante, dello Stato italiano. Alcuni considerano questo evento poco probabile, altri quasi imminente. In ogni caso però, la finalità ultima di ogni qualsivoglia investimento non può non tener conto di questo elemento.

                Potrebbe essere molto utile, per approfondire questa tematica, rileggere con cura il trattato: Reinhart CM and Rogoff K. This time is different: Eight Centuries of Financial Folly, New York., 2011.

                Questo ponderoso studio dei due noti economisti riporta una grandissima quantità di dati numerici sui defaul totali e parziali degli ultimi otto secoli, eventi che studia sia in modo analitico sia per categorie. Di grande interesse é anche il profilo psicologico che conduce al default. Dopo questa lettura forse molti potrebbero trovare interessanti analogie tra il passato ed il presente. «This time is different»: non facciamoci illusione alcuna. La storia si ripresenta in modo totalmente ripetitivo. Questa volta sarà esattamente comele altre.

gsm

Articoli di riferimento:

Otello Girardi: Preziosi : HO HO HO!!

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