La Nuova Grande Depressione. 03. Oggi. Il Debito Aggregato, Causa del Default italiano.

Giuseppe Sandro Mela
Bambino Zibawe con trilioni in Mano La Nuova Grande Depressione. 03. Oggi. Il Debito Aggregato, Causa del Default italiano.
                 § 1. Definizioni.
                Il Debito Aggregato consiste nella somma tra il Debito Pubblico e il Debito Privato.
                Il Debito Pubblico (sovrano) é definito come il debito del settore pubblico ovvero il debito accumulato da uno Stato nei confronti di determinati creditori. Questo debito é usualmente costituito da titoli di Stato, per l’Italia BOT, BTP e CCT.
                La spesa per gli interessi corrisposti ai detentori delle obbligazioni statali è detta “Servizio del Debito“. A fine 2009 la spesa per interessi che ha gravato sul deficit pubblico é stata pari al 4,6% del PIL.  
                Il Debito Privato e’ definito, invece, come il debito delle famiglie e delle società. Usualmente non viene conteggiato il debito delle imprese finanziarie. Tuttavia molti autori lo includono anche per la rilevanza che sta assumendo negli ultimi anni, pur mantenendo la denominazione di “Debito privato“. Ne consegue che anche il contenuto logico del debito aggregato ne risulta essere variato e ne risultano possibili fraintendimenti. Possono esservi differenze anche per la tipologia dei debiti presi in considerazione.
                Si noti che le Nazioni federali non contabilizzano nel debito pubblico i debiti degli Stati componenti, cosa che invece avviene per le Nazioni non a struttura federale. Concettualmente quindi il debito pubblico tedesco differisce da quello italiano, e di conseguenza i valori numeri dovrebbero essere paragonati con molta cautela.
                In ultima analisi, quindi, si faccia sempre attenzione alla metodologia utilizzata per determinare l’indice sotto osservazione ed a comparare solo indici calcolati secondo la stessa metodologia. In nota, é riportato il lessico proprio dei conti dello stato.
                § 2. Entità attuale del debito sovrano e sua ripartizione.
                A fine 2010 il debito sovrano ammontava a 1,843 mld, saliti a circa 1,891 mld a fine 2011. Di questi, 1,557 mld erano incorporati in BTP o titoli similari, 872 (56%) detenuti in Italia ed 686 (44%) all’estero, così ripartiti:
Ente
mld Euro
%
Bankitalia
62.28
4.0
Banche italiane
233.55
15.0
Compagnie assicurative italiane
177.50
11.4
Fondi di investimento
85.64
5.5
Investimenti privati
217.98
14.0
Fondi italiani gestiti all’estero
94.98
6.1
Banche estere
191.51
12.3
Gruppi assicurativi
227.32
14.6
Investitori asiatici
93.42
6.0
Altri investitori internazionali
172.83
11.1
Totale
1,557.00
100.0
                 Si notino alcune cose. Tranne alcune particolarità, le Società italiane ascrivono in bilancio i titoli di stato al valore nominale, non a quello di mercato. Di conseguenza, al momento attuale, questi titoli sono sopravvalutati di circa il 17%. Gli oneri totali per interessi passivi si aggirano attorno agli 80 mld/anno (la cifra é stimata essendo gli interessi tempo-varianti).
                Il problema del rientro del debito sovrano é tuttora discusso in sede EU.
                la questione si delinea in questi termini: «Tutto sembra ruotare intorno all’articolo 4 del titolo III sulla Disciplina di bilancio sul quale è concentrato il maggior pacchetto di emendamenti. I tedeschi vorrebbero sic et simpliciter prevedere nel Trattato che i Paesi con debito eccedente il 60% rispetto al Pil accettino di ridurre la parte eccedente di un ventesimo l’anno. Una misura che per l’Italia significherebbe manovre annuali (a seconda dell’andamento del Pil) oscillanti tra i 30 e i 45 miliardi di euro».
                Il problema del debito sovrano si articola inoltre nella struttura che lo genera.
                § 3. Entità attuale del debito aggregato: Stato, Famiglie e Società.
                I dati disponibili variano, ed anche considerevolmente, a seconda delle metodologia di rilevazione utilizzata. Riportiamo quindi esclusivamente i dati ufficiali forniti dal MEF. Nella seguente tabella i dati sono espressi come percentuale del Pil. 
Debito Aggregato
1995
2009
  Debito aggregato
193.30
240.80
  Settore Privato
71.80
125.00
  Settore Pubblico
121.50
115.80
     
Debito Nazionale Lordo
   
  DNL
221.10
336.90
  Settore Privato
99.60
213.80
 Settore Pubblico
121.50
115.80
     
Componenti del Debito privato
   
  Famiglie
18.20
42.20
Impr. Non finanziarie
53.70
80.50
Impr. Finanziarie
27.80
96.10
                 Come si constata, a tutto il 2009 il debito aggregato ammontava a 3,676,510 mln, dei quali 1,908,488 mln a carico del settore privato. Se espresso in termini di debito nazionale lordo, il debito aggregato era però pari a 5,143,756 mln, dei quali 3,264,277 a carico del settore privato. Le imprese non finanziarie erano indebitate per 2,627,743 mln, mentre quelle finanziarie lo erano per 3,136,970. Si noti infine quanto sia aumentato il debito aggregato nel volgere degli ultimi quindici anni.
                § 4. Considerazioni.
                Solo il 28% delle famiglie italiane é riuscita nel 2011 a destinare un aliquota delle proprie entrate al risparmio, mentre il 18.8% ha intaccato il capitale. Dall’analisi del mercato dei prestiti bancari alle famiglie «emerge un tasso di crescita delle consistenze, ovvero i finanziamenti, pari al 5,5% nel periodo settembre 2010-2011 (615 miliardi di euro). Quasi il doppio della media dell’area euro (3,2%)». Per quanto riguarda i mutui, tutte le rilevazioni mensili hanno sempre mostrato dati negativi in costante accelerazione, fino a toccare un -46% in novembre, con la chiusura del mese di dicembre sulla stessa scia (-41%).
                Il tasso di povertà in Italia è rimasto costante tra il 2009 e il 2010. Per il 2010 l’Istat riporta che il 18,2% (oltre 11 milioni) delle persone residenti in Italia è esposto al rischio di povertà, il 6,9% (circa 4 milioni) è in condizioni di grave deprivazione materiale e il 10,2% (6,2 milioni) di chi vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro: quindi, le tre categorie assieme assommano al 24,5% (14,8 milioni di persone).
                La metà delle famiglie italiane ha percepito nel 2009 un reddito netto non superiore a 24.544 euro l’anno (circa 2.050 al mese). Nel Sud e nelle Isole, metà delle famiglie ha guadagnato meno di 20.600 euro (circa 1.700 euro mensili). La quota di famiglie gravemente deprivate raggiunge nel Mezzogiorno il 12,9% del totale, contro il 5,6% del Centro Italia e il 3,7% del Nord.
                Italia e Germania sono i due Paesi il cui debito aggregato è cresciuto di meno nel periodo 1995-2010, essendo aumentati, rispettivamente, di 43 e 52 punti di Pil, contro Francia (81 punti), Gran Bretagna (112), Spagna (148), e Grecia (133) ed Irlanda (249 punti di Pil solo dal 2001 al 2010).
                I debiti aggregati più bassi sono, in ordine crescente, a cominciare dalla Germania, la più virtuosa (184% del Pil nel secondo trimestre 2010), seguita dalla Francia (208%) e dall’Italia (246,6%).
                Ciò detto, concentriamoci sui dati MEF e sul debito aggregato.
                E’ semplicemente evidente che, se il debito sovrano è causa di grandi preoccupazioni, il debito aggregato è severamente più pesante, specie se leggiamo le cifre espresse in debito nazionale lordo: la somma totale dei debiti italiani ammonta infatti a 5,143,756 mln, una cifra che chiaramente non sarà mai possibile rimborsare.
                Constatiamo il pudore delle Autorità centrali a rilasciare questo tipo di dati, che pur sembrerebbero avere una loro intrinseca importanza.
                § 5. Conclusioni.
                Se si riuscisse a guardare la realtà per quello che è e non per quello che vorremmo fosse, le conclusioni sarebbero immediate.
                E’ ben magra consolazione la tediosa litania di quanti ricordano come taluni altri stati stiano peggio di noi. Così come ben poco risolve l’atteggiamento fideistico di altri. Né infine si possono approvare gli atteggiamenti rigidamente conservativi di coloro che godono di situazioni di privilegio e vorrebbero perpetuare queste situazioni nel tempo.
                1. La possibilità concreta di ripianare anche solo parzialmente un debito aggregato di codesta entità é virtualmente nulla.
                2. I fatti recenti indicano chiaramente che è semplicemente impossibile difendere situazioni indifendibili. Il default greco dovrebbe ben insegnarci qualcosa. Prolungare nel tempo un sistema agonico risulta in un accanimento terapeutico che impoverisce ulteriormente la collettività, senza risolvere i problemi.
                3. Le possibili vie di uscita potrebbero essere le seguenti.
                3.1. Un’inflazione a due o tre zeri, che annullasse de facto il debito. Questa strada sembrerebbe impossibile nel breve termine essendo l’Italia incardinata, al momento almeno, nell’Euro. Sembra tuttavia un soluzione molto probabile a livello dell’intera eurozona nel medio periodo. Il caso greco ha dimostrato che le alchimie finanziarie sono del tutto inefficaci a sanare situazioni di tal fatta.
                3.2. Un default selettivo. Siamo consci che il termine default indica una congerie di provvedimenti anche disparati tra di essi. Qui intendiamo soluzione pilotate e settoriali, ma profondamente incisive, quali la conversione del debito sovrano detenuto da persone fisiche o giuridiche italiane in una rendita irredimibile con interesse allo 0.5%. Tale azione di per sé non sarebbe sufficiente: dovrebbe essere associata al fallimento pilotato di parte del sistema creditizio ed ad una draconiana riduzione della spesa pubblica.
                4. Una cosa sembrerebbe però certa. Verosimilmente non si farà nulla nell’attesa di un impossibile miracolo: per cui l’Italia arriverà ad un redde rationem ben più catastrofico di un default selettivo, e che verosimilmente si accompagnerà a rivolgimenti sociali di portata devastante.
                Post della stessa serie.
La Nuova Grande Depressione. 02. Oggi. Pil e Ricchezza delle Famiglie.
                Post precedenti.
Conti dello Stato. Lessico proprio. A-C.
Conti dello Stato. Lessico proprio. D-O.
Conti dello Stato. Lessico proprio. P-Z.
Trattati la lettura dei quali é suggerita.
Greenspan A. The age of Turbulence. Penguin Press. New York. 2007
Heather P. The Fall of the Roman Empire: A New History of Rome and the Barbarians. Oxford University Press, USA. 2005
Reinhart CM & Rogoff KS. This Time Is Different: Eight Centuries of Financial Folly. Princeton University Press. 2009
Roubini R & Mihm S. Crisis Economics. A Crash Course in the Future of Finance. Penguin Press. New York. 2010.
Schmidt-Glintzer H. China – Vielvölkerreich und Einheitsstaat. Verlag C.H. Beck oHG, Münken. 1997
Spengler O. Il Tramonto dell’Occidente. Longanesi. 1957.
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